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La Croce dipinta prima e dopo Giotto.

L’immagine dipinta da Giotto è preceduta da uno sviluppo iconografico che interessa buona parte del XIII secolo, favorito dal culto eucaristico; dalle diverse sensibilità laiche e religiose; dal ruolo fondamentale dei francescani.
Francesco – come ricorda santa Chiara - ricolmo da “consolatione divina”, cioè a dire pieno di Spirito Santo, ricostruiva san Damiano ove sull’altare svettava un Crocifisso, iconograficamente ancora legato al primo millennio dell’era cristiana. Occhi aperti, figura eretta e centrale sulla croce. Questa è la croce che incontra Francesco nel suo cammino di perfezione cristiana. Ben presto questa figura sarà sostituita dall’immagine “Hominis morituri”. Uno schema già conosciuto nell’oriente cristiano, ma fino a questi anni non accolto in occidente e, anzi, considerato a volte un’eresia.
L’uomo morente sulla croce mostra un corpo nel pieno del suo vigore, con un petto espanso colto nell’attimo in cui, per libera scelta – come sottolinea san Tommaso – “tradidit spiritum”. Più che il patire viene evidenziato il corpo e il sangue che zampilla vivo dalle ferite. Un sangue che nutre spesso Francesco raffigurato, nei crocefissi francescani, ai piedi del Crocifisso. Come se la raccomandazione di Francesco di adorare nell’Eucarestia il corpo e il sangue di Cristo trovasse nella rinnovata immagine un significativo riferimento visivo.
La Pinacoteca Nazionale apre il suo percorso di visita proprio con uno di questi crocifissi che proviene dalla chiesa di san Francesco eseguito da un anonimo pittore convenzionalmente chiamato “maestro dei crocifissi francescani”.
Questa nuova immagine è in continuo assestamento e resta pur sempre una rappresentazione concettuale, che si sviluppa in numerose varianti che fanno capo a scuole diverse e che progressivamente tentano, all’interno di uno schema consolidato e per un cinquantennio, piccoli aggiustamenti. All’interno di questa realtà si muove lo stesso Cimabue che invera lo schema caratterizzando il dolore del Cristo, di Giovanni e Maria, senza arrivare a proporre l’immagine “reale” di un uomo che muore sulla croce. La rivoluzione figurativa che aveva visto protagonisti indiscussi Giunta Pisano e Cimabue, è cancellata quasi improvvisamente quando in Santa Maria Novella, ancora nell’ultimo decennio del XIII secolo, Giotto pone sulla croce un uomo vero. “Egli traduce in peso corporeo e in trazione verso il basso quella stessa carica dinamica che moveva il Cristo di Cimabue in una curva iperbolica. Nella figura di Giotto, si concentra e si chiude dentro la tormentata immagine quel tragico grido che dal Cristo di Cimabue pare invece propagarsi all’universo” .
Lo straordinario archetipo di santa Maria Novella trova compimento nella croce che Giotto dipinge a Rimini assieme ad un ciclo di affreschi documentato da fonti del tutto coeve. La tensione plastica evidenziata nell’opera di s. Maria Novella è risolta a Rimini in un ricercato equilibrio del corpo del Cristo tornito da un sottile chiaroscuro. Un’opera che diventa l’archetipo per i successivi traguardi che il maestro perseguirà nella cappella dell’Arena e che incide profondamente in un ambiente, quello riminese, figurativamente recettivo come mostrano i sopravvissuti crocifissi custoditi nelle chiese della Diocesi, a cominciare probabilmente dal più “antico” tra questi: il crocifisso di Giovanni da Rimini oggi nel Museo della città, dipinto intorno al 1305. Saranno questi maestri, dei quali potremmo ammirare un’antologia di immagini nel sito che accompagna gli “Itinerari”, a testimoniare il peso culturale avuto dalla presenza di Giotto in città . Il modello non sarà più discusso. la prima generazione di pittori riminesi si cimenterà in significative varianti; più tardi, ancora nella prima metà del XV secolo, ritroveremo il ricordo della croce di Giotto in Emilia e nelle Marche e torneremo ad apprezzare queste tarde varianti in Pinacoteca soprattutto ad opera di Michele di Matteo.
A parte - per l’alta qualità e per le novità iconografiche - va considerata la grande croce di Giovanni da Modena che proviene dalla stessa chiesa francescana che aveva visto un tempo, in posizione centrale, la croce del Maestro dei crocefissi francescani e che rinnova il “crocifisso” accogliendo le nuove esigenze di culto e di “moda”. Ai piedi della croce ancora un san Francesco, questa volta giovane, imberbe e colto nel momento in cui riceve le stimmate nel pieno del vigore fisico e senza alcun accenno alla sofferenza che quei segni gli procureranno.

Pinacoteca Nazionale di Bologna
Planimetria della Pinacoteca Nazionale. I numeri evidenziano le opere che fanno parte dell'Itinerario proposto
Diocesi di Rimini
Mappa della Diocesi. Le città evidenziate con il bollino rosso custodiscono opere che fanno parte dell'Itinerario proposto
 
 
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