La Croce dipinta nel XIII secolo


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il perizoma prezioso

Il XIII secolo

Un perizoma prezioso simile ad un panno regale come quello che indossa l'Imperatore di Bisanzio dopo la triplice immersione nella piscina dell'acqua santa delle Blacherne, il santuario della Vergine "Platytera" dalle cui mani sgorgava l'acqua della piscina (2). Un richiamo di particolare complessità che varrà la pena approfondire in altra sede e che ho voluto richiamare soprattutto per introdurre un altro rilevantissimo simbolo mariano posto all'apice del Crocifisso della Pinacoteca Nazionale di Bologna, che appartiene al gruppo delle Croci del "Maestro dei crocefissi francescani", ed è sormontato dalla Madonna orante fiancheggiata da due angeli (fig. 11).

Il "modello" mariano è riconducibile alla Vergine Platytera, "Madre di Dio del Segno" che, nell'originaria effigie è completata dal Figlio, raffigurato in un medaglione o "uovo cosmico" su fondo oro, posto all'altezza del seno della Madre, ad indicare il mistero dell'Incarnazione del Verbo. La Vergine Platytera vuole essere anche immagine della Chiesa che accoglie in se il Verbo incarnato e lo rivela all'umanità . L'immagine di Maria sulla nostra croce, sostituisce il Logos racchiuso nell'uovo cosmico con il Cristo in Croce che, analogamente a quanto accade nella Vergine Blachernitissa apre le mani anch'esso, e diventa simbolo, non "il crocifisso", ma corpo e il sangue di Cristo. Un concetto sottolineato dalla Vergine Platytera che lo annuncia fiancheggiata dagli arcangeli a simboleggiare anche la Chiesa che mostra e custodisce il Corpus Domini: Annuncio e custodia sul petto della Madre Chiesa.

Un concetto-immagine che si sviluppa e conclude nello spazio di circa trent'anni, cronologicamente delimitato dal crocifisso di Giunta Pisano a Bologna e dal Crocifisso di Cimabue ad Arezzo. Già nel crocefisso di Cimabue in Santa Croce ritorna un perizoma di stoffa e le altre croci di Giunta, vestono i fianchi del Cristo con un panno di stoffa simile a quelli che coprivano i fianchi del Cristo eretto. Uno spazio temporale delimitabile tra il 1230 il 1270, comunque concluso con il soggiorno romano di Cimabue (1272). Un arco cronologico per indicare un tempo dopo il quale la pittura torna ad evolversi come appunto mostra il panno velato del Cristo di Santa Croce a Firenze. Non si vuole con questo affermare che non esistano crocifissi con il perizoma prezioso anche al di là di queste date, ma la storia della pittura pone questi limiti, poi possono esistere pittori ancorati a questi schemi figurativi che, proprio perché concettualmente forti, possono essere trasmessi ancora per qualche tempo, ma già l'immagine del crocifisso guarda oltre e il panno che cinge i fianchi del Cristo di Santa Croce è solo il primo passo verso un realismo rappresentativo che velocemente si lascia alle spalle questo nobile concetto iconografico e teologico per addentrasi nell'imago pietatis, nel realismo rappresentativo tra poco urlato da Giotto con i chiodi che trafiggono la carne, un corpo che tende a cadere, sia pure elegantemente, sotto il suo peso divenuto visibile nella tridimensionalità dello spazio.
E tornano altri accessori della croce che c'erano prima e che torneranno ancora e che sembrano negati, ma concettualmente negati, dalle croci di questo gruppo che iconograficamente si distinguono per il perizoma prezioso. Osserviamo come in tutte queste croci, manca il teschio sotto il suppedaneo. Un teschio che avevamo già visto in una delle croci con il Cristo giudice. Sarà forse un caso, ma è ancora san Tommaso che nella Questio 46, al punto 3, spiega che non mancano esegeti secondo i quali il luogo ove è stato crocifisso Cristo "sarebbe stato chiamato così dal teschio del primo uomo. E' questa una spiegazione facile e gradita alle orecchie del popolo: ma non veritiera. Infatti fuori delle città e delle loro porte c'era il luogo in cui venivano eseguite le condanne capitali: esso fu perciò denominato luogo del teschio dai decapitati. Quindi Gesù volle essere crocifisso per innalzare il vessillo del martirio là dove c'era prima il campo dei condannati. Quanto poi ad Adamo risulta dal libro di Giosuè h era sepolto ad Ebron. Ed era giusto che cristo fosse crocifisso nel luogo dove comunemente si eseguivano le condanne piuttosto che presso il sepolcro di Adamo, per mostrare che la croce di lui non riparava soltanto il peccato personale di Adamo ma i peccati di tutto il mondo." Il teschio tornerà dirompente nella croce di Giotto a Padova.

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