il pellegrinaggio al Monte della Guardia prima del portico - belle arti

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il pellegrinaggio al Monte della Guardia prima del portico

Anche prima della costruzione dei portici i bolognesi salivano al loro santuario. Un cammino di preghiera. Salire è anche elevarsi, camminare e sostare. Si accompagnavano in questo andare con la preghiera del rosario. Abbiamo testimonianze che tra il 1639 e il 1641, la vicaria dell’eremo, Olimpia Boccaferri aveva preso la decisione di rendere decorose le 15 stazioni sorte quasi per devozione spontanea.
Un modo di sacralizzare il territorio che non costituisce un’eccezione. Le immagini votive lungo le strade erano frequenti e in alcuni casi sono all’origine di culti rilevanti. Vicino a Bologna basterà ricordare la Madonna del Piratello, sulla via Emilia, subito prima di Imola.
Prima di queste edicole votive che costellavano il cammino di conversione di chi saliva al Santuario, pare che le immagini votive - sempre misteri del rosario? – fossero appese agli alberi e la Vicaria, con la sua iniziativa, ha voluto mettere ordine e rendere più decorosa questa devozione. Per farlo ricorre alla generosità dei cittadini.
Un’iniziativa che è anche all’origine dell’interesse delle autorità cittadine che sospesero il progetto della vicaria e fecero propria l’idea, già discussa tra i fedeli, di unire le cappelline con dei portici. Nel 1663 si istituì un comitato e comincia il complesso cammino che porterà alla costruzione del lungo portico.
Si procede tra interruzioni e improvvise accelerazioni scandite anche dalla generosità delle offerte. Nel 1676 erano finiti gli archi della pianura fino al primo mistero e poi si proseguiva con un tratto in alto dopo il XIII mistero. Il percorso ha una sua logica. Intanto il primo mistero, una vera e propria cappella consente di “iniziare” questo cammino. Mentre nella parte alta si tende a collegare il santuario con la strada. Agli inizi del XVIII secolo i lavori riprendono con vigore grazie anche al lascito del sarto Carlo Moretti e nel 1717, per la prima volta, l’Icona viene portata in processione lungo i nuovi portici.
L’erezione delle edicole avvenne in un tempo relativamente breve: dal 1695 al 1715. La decorazione pittorica è successiva e dipende dai committenti. Fin da questo momento, quasi certamente, le stazioni saranno state comunque ricordate in qualche modo. Alla peggio con il solo numero del mistero, più probabilmente con altre pitture andate poi perdute.
Le edicole si distinguono lungo il portico e ne segnano, in qualche modo, il percorso. Hanno una facciata aggettante, sono luoghi di sosta lungo il cammino.
Il portico doveva essere molto più vivace di adesso. Ricco di targhe votive, di stemmi di confraternite, arti e mestieri, famiglie nobili, a sottolineare la coralità dell’impresa che è della città che spesso si ritrova unita davanti a particolari punti di riferimento, significativi per l’identità di una comunità. Già in passato, un analogo impegno – sia pure molto più modesto -.era stato assunto con la costruzione del reliquiario di san Petronio voluto dalle “arti” di Bologna che orgogliosamente hanno riportato i loro stemmi sul basamento.

La devozione al rosario

La devozione al rosario del resto è ovvia. La stessa strada che porta al Santuario invita il pellegrino alla recita della preghiera e l’eremo, del resto, è custodito da suore domenicane il cui ordine è impegnato nella diffusione di questa preghiera fin dalla sua nascita.
Nel santuario troviamo un eccezionale segno di questa devozione nella tela del giovane Guido Reni, quando la dipinge un astro nascente rispetto agli ormai affermati Carracci. Qui comunque interessa questa riflessione sul rosario e l’invenzione, davvero originale della raffigurazione delle XV stazioni del rosario che scaturiscono da un’unica radice, da un unico tronco eppure suddiviso in tre parti ove anche la simbologia floreale introduce al Mistero. Al centro i misteri della passione, poste su un gambo spinoso di rosa senza fiori, i gaudiosi con il gambo spinoso, ma fiorito quasi a intravedere la gloria della resurrezione che annuncia i misteri gloriosi poggiate su foglie di palma che credo ricordano quell’altro momento di gioia, a Gerusalemme, quando con palme fu accolto Gesù e che comunque sono piante usuali per significare, nell’antico testamento, la festa rituale.
Il pellegrino che giunge al Santuario alla fine del XVI secolo, avrà meditato i misteri del rosario salendo al colle, magari aiutato da semplici figure appese agli alberi, forse solo numeri a scandire la sequenza della preghiera, ma giunto al santuario vede compiuta la sua preghiera e si incontra con l’origine stessa di questa devozione: Domenico che riceve dalla Vergine la corona del rosario. Il dipinto poi riesce a raccontare nella stessa pagina, l’origine della devozione e a dettagliare contemporaneamente la preghiera ormai strutturata nella sua forma definitiva ..... quasi definitiva, perché recentemente è stata ristrutturata da Giovanni Paolo II che ha aggiunto i misteri della Luce (sotto il lungo portico ci sarebbe spazio per 5 nuove rappresentazioni, magari da affidare con un concorso di idee ad artisti di tutto il mondo. Bello! Un concorso di idee con bozzetti e magari facendoli poi votare alla città per riagganciare i portici a quella prima vocazione popolare).

 
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