Giovanni da Rimini e altri maestri che operano a Rimini al tempo di Giotto
Diocesi di Rimini
Il Crocifisso custodito presso il Museo della Città di Rimini
Affascinato da Giotto, Giovanni da Rimini è attivo in città negli stessi anni in cui opera il maestro toscano. Folgorato dalla croce di Giotto ne ripropone la fisicità del corpo in una struttura ancora “antica” nella croce per Talamello. Un procedimento che porta a maturità nell’altra croce, oggi nel Museo della città, comunemente datata intorno al 1305. Nel museo si custodiscono altre importanti testimonianze della pittura riminese al tempo di Giotto e, tra le altre, lo straordinario “Giudizio Universale”, recentemente attribuito allo stesso Giovanni da Rimini. L’opera proviene dalla Chiesa degli Agostiniani, altro luogo da non perdere nella Rimini al tempo di Giotto. In chiesa, oltre alla croce – altra variante sul tema dato da Giotto - il ciclo di affreschi dello stesso anonimo autore, denominato “maestro del coro di sant’Agostino”. In essi è forse da ricercare il peso che a Rimini ha esercitato Giotto non solo con la sopravvissuta croce, ma con i documentati affreschi che decoravano l’antica chiesa francescana, nota oggi come “Tempio Malatestiano”
Giovanni da Rimini nella chiesa di sant'Agostino
Le storie della Vergine
Chiesa di sant’Agostino detta anche di san Giovanni Evangelista. Costruita intorno al 1247 conserva importati affreschi della prima metà del trecento, in parte staccati a conservati presso il Museo della Città e in parte ancora in loco.
Gli affreschi con le storie della Vergine, nella cappella sotto il campanile, sono attribuiti allo stesso Giovanni da Rimini, maestro già attivo quando Giotto affresca la chiesa francescana della città e dal quale il pittore riminese sa prendere senza annullarsi, mantenendo cioè una sua identità . “Giovanni non aveva tardato ad accorgersi che l’arte di Giotto era una forza spirituale che solo illusoriamente poteva restringersi in una regola, quale sarà quella, poniamo, dell’accademia fiorentina gaddiana e orcagnesca.” (Carlo Volpe, La pittura riminese del trecento 1965, p. 13 ) e non doveva nemmeno chiudersi in una passione a-critica. In Giovanni da Rimini quegli stimoli inverano la precedente formazione e non la rinnegano. Convivono forme nuove e antiche passioni particolarmente profonde nella Dormitio Virginis ove la sapienza bizantina cede marginalmente ai sapori di Giotto e mantiene la sua capacità iconica ravvivata dai volti di angeli e apostoli e pure focalizzata in ritmi antichi che hanno il fuoco nell’animella che è vita, nel volto della madre che è morte.