le croci di Michele di Matteo - memoria del modello giottesco ancora nel XV secolo
Pinacoteca Nazionale
Le due croci di Michele di Matteo che chiudono il nostro “itinerario”si datano nella prima metà del XV secolo e il riferimento più prossimo lo troviamo nei modelli del bolognese Iacopo di Paolo. Osserviamo comunque, a date così inoltrate, il peso dell’archetipo della croce di Giotto a Rimini diffuso per il tramite di più generazioni di maestri riminesi che in quel modello si identificano. In quella croce trovano ancora riscontro anche i chiodi delle mani, sottili ed evidenti nel palmo delle mani ,e l’inclinazione del volto del Cristo.
le figure di Michele di Matteo
Lontano dalle capacità inventive di Giovanni da Modena (nell’itinerario croce n. 4) Michele di Matteo, forse inconsapevolmente, ripercorre orme giottesche e ripropone un’immagine evidentemente ancora familiare caratterizzata soprattutto dal volto del Cristo reclinato e incorniciato dai lunghi e compatti capelli che ombreggiano le guance e isolano il Cristo favorendo un mistico colloquio con il credente mentre attorno, sui terminali, echeggia il pianto di Giovanni e Maria e la compassione della Maddalena ai piedi della croce.
Nella Maddalena si rispecchia l’umanità ai piedi della croce: ora in preghiera e ora abbracciata al legno della croce. Anche in questo caso, sia pure inconsapevolmente, le due figure ricordano il successivo sviluppo dell’immagine di Francesco sotto la croce: prima abbracciato e successivamente ai piedi della croce.
L’immagine di Francesco sotto la croce segue però un percorso e un dibattito significante che Michele di Matteo non conosce e non propone. La sua Maddalena è solo una figurante colta in diversi atteggiamenti, ma di analogo significato: la devozione dell’umanità sotto la croce.
In alto, seguendo schemi consolidati, il silenzioso e mistico afflato del Cisto, il dolore di Giovanni e Maria, la preghiera della Maddalena trova compiemento e soluzione nella resurrezione del Cristo.