16 - il fulmine scagliato dal cielo contro i giocatori e concubinario
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il pittore
Il fulmine scagliato dal Cielo contro i giocatori e concubinario, e che porta corona d’ogni altro qui sotto, è degli allievi sul disegno preciso del Cignani.
La sintetica descrizione l’apprezzamento del Malvasia trova conferma nella caratteristica incisione delle figure, analoga quella trovata nell’ultima storia, quella dovuta allo stesso Cignani che raffigura i Miracoli alla tomba del Santo. Difficile ancora una volta trovare conferme stilistiche visto che il colore è praticamente scomparso ed è difficile anche leggere per intero i momenti della storia qui rappresentata. Ciò nonostante alcuni vivaci tratti come le mani giunte, meglio dire intrecciate, a sottolineare l’intensa preghiera delle figure appena convertite poste dietro il Santo, possono confrontarsi con le altre in preghiera dietro la donna che depone il cadavere del figlio davanti alla tomba del Santo, nella prima raffigurazione. Allo stesso modo l’urlo del masnadiero che impugna una spada e sembra scagliarsi contro il frate è caratterizzato da un movimento già riscontrato in quella prima scena. Un cartone tutto del Cignani, come vuole Malvasia e forse è all’opera un maestro già maturo, difficile da identificare, forse lo stesso Franceschini, non ricordato però da Malvasia tra i protagonisti di questa storia dipinta.
la storia rappresentata
Frate Filippo in qualità di Generale dell’Ordine e nel rispetto delle costituzioni intraprende un viaggio per le terre oltremontane, fuori d’Italia, per visitare i monasteri sorti in quelle regioni. È accompagnato da altri frati scelti anche tra i religiosi provenienti da quelle terre per favorire il dialogo con le popolazioni che avrebbero incontrato. Nel pieno dell’estate, "... passato oltre gli Appennini sen ‘era sceso dall’Alpi a Bologna, dove sei Anni prima nel 1263, haveva posto un poco di piede il suo Ordine nel Borgo vecchio di S. Petronio a una Chiesina detta di S. Biagio”. Oltrepassata Bologna, viaggiando tra Bologna e Modena, nelle ore più calde del giorno, per dare ristoro ai suoi frati, pensò di fermarsi lungo la strada, sotto un grande olmo “che con ombra spaziosa e fresca n’ahetratta ciascuno a ricoverarni sotto”. Ma sotto lo stesso olmo si erano rifugiati anche “... un certo stuolo di gente anzi che nò di male affare, come Giucatori, Meretrici, e Masnadieri d’ogni sorte da far danni, ruberie, e più cose ree e scandalose per quelle Contrade”. Erano le conseguenze di quella guerra degli imperiali che, benché impoveriti per via dell’appoggio del re di Napoli alla Santa Sede, “non per questo erano spente in campagna, e per tutte le vie pubbliche quelle reliquie di soldati sbandati …. E d’acerbissimi odij tra quelle parti ghibelline e guelfe; per lo che non mancavano a tutte l’hore, scorrerie di gente sacrilega”. Queste persone cominciarono a prendersela con i frati insultandoli e bestemmiando “alla disperata il lor Creatore”. Frate Filippo e i suoi frati non avrebbero reagito alle ingiurie e lazzi contro di loro, ma non potevano sopportare “quelle orrende bestemmie da far raccapricciare altrui con tanto vilipendio de’ santi, disonore della Imacolata Vergine, e dispregio d’iddio”. Non potendosi più contenere il santo frate, con affetto e giusto sdegno cominciò a mosterare “loro esserci data la lingua per lodare, e ringraziare, non per bestemiare il nostro Signore”.
Non riuscendo a convertirli con le esortazioni, ma anzi vedendo che le sue parole erano come sparse al vento “egli di grand’animo, e senza timore alcuno, venne alle minacce e con alto Spirito pronunciò loro, che gnari non tarderebbe la giustizia d’iddio a scoccar le saette dell’Ira Sua contra di loro, se non si fussero tosto pentiti ed emendati di quella loro impietà verso Dio”.
Non essendo stato creduto di discosta da loro piangendo pensando alla perdita imminente di tutte quelle anime ostinate. Il cielo era ancora terso e non si scorgeva nuvola alcuna ...
“...quand’ecco subito si vide conturbar l’aere con un tempo si terribile d’un nembo oscuro, che pareva l’istesso orrore, si che grandinando e tempestando con assai lampi e tuoni, cadde in un subito tra quei miserelli una saetta sopra quell’albero, e tutto diramatolo, e spiantatolo fino alle radici fu a quegli empi ultima rovina d’improvisa e rea morte”. A questo punto i frati per un’ora pregarono per l’anima di quei poveretti morti senza pentimento mentre quei pochi che avevano creduto alle parole del frate, allontanandosi dall’albero “resero ancora loro grazie al Signore con proposito di mutar vita per lo avenire".
Figure ad Alta definizione e antologia di immagini
il santo profetizza l'imminente punizione
i peccatori salvati dal Santo
i peccatori sotto l'olmo
il Santo e i peccatori salvati
particolari e confronti
masnadiero con spada
convertito, figura a destra
la luce radente mostra la forza della linea di contorno della figura e le vibranti mani
figure subito dietro il santo
l'ampia mascella delle due figure in secondo piano appartiene al repertorio usuale del Cignani che, ad esempio, le ripete anche in san Michele in Bosco
convertito, figura centrale
si osservi in particolare il contorno del volto e il forte intreccio delle dita. Elementi che trovano riscontro nella prima scena, attribuita concordemente a Cignani