14 - la predica fatta dal Santo al Papa, Imperatore &c. - chiesa dei servi

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14 - la predica fatta dal Santo al Papa, Imperatore &c.

Affreschi portico > storie san Filippo Benizzi
il pittore
La predica fatta dal Santo al papa, Imperatore &c. è del tetto Viani.

Così Malvasia che aveva già attribuita al pittore la XIX rappresentazione, ancora sulla parete esterna del portico, che raffigura “il Santo portato in cielo dagli angeli”. Che si tratti di Giovanni Maria Viani e non del figlio Domenico è confermato dalla precisazione dello stesso Malvasia che descrivendo un’altra scena del ciclo, “il Santo che celebra all’Altare” precisa che è di Domenico Viani. Ancora più esplicito lo Zanotti, nella sua “Storia dell’Accademia Clementina” ove parla del padre Giovanni nella vita del figlio Domenico e ribadisce quanto già affermato da Malvasia. Attribuisce al padre Giovanni Maria Viani non solo la nostra scena e il santo portato in cielo dagli Angeli, ma anche “Il Santo cui dagli angeli sono recati alimenti; e l’altro ove molti infermi miracolosamente sono risanati”. Infine il nostro dipinto identificato come la “predicazione al Papa e al Re di polonia”. Malvasia, seguito dallo Zanotti, attribuisce quattro delle raffigurazioni del portico a Giovanni Viani e una al giovane figlio Domenico. Se a queste si aggiungono le altre pitture ad olio su muro che sempre Giovanni esegue all’interno dei chiostri e la più tarda attività del figlio per i Servi di Imola, possiamo parlare di un rapporto privilegiato dei Viani con i Servi di Maria.



la storia rappresentata
La raffigurazione rappresenta l’intervento di san Filippo al concilio di Lione “già intimato dal pontefice con l’intervento di Michele Paleologo Imperatore di Costantinopoli, del suo Patriarca, e degl’Ambasciatori de’ Greci, che per la terzadecima volta si ridussero all’obbedienza del Pontefice Romano, sotto la medesima fede, particolarmente intorno alla processione dello Spirito Santo, quantunque poi ne seguisse contrario effetto, Filippo generale de’ Servi, che per la fama della dottrina, e della Santità non era di stima inferiore à gli altri, s’ingegnò (come particolare cooperatore del Pontefice) di penetrare, d eseguir perfettamente il volere della Santità Sua in quel Concilio”. … “il suo infiammato zelo veniva più che ordinariamente aiutato dal Signore il quale Dabat verbum Evangelizandi virtute multa, egli era ascoltato volentieri da tutti, à tutti comarivono potenti l’esortazioni, efficaci le ragioni, e giuste le proposte fatte da lui per benefizio commune de’ fedeli, e per servigio di Dio, il quale (come dicono gravi storiografi) lo favorì con la diversità di molte lingue, Greca, Ebraica, Francese, todesca, e Spagnola, acciò che nelle necessarie occorrenze à guisa di un nuovo Apostolo, unusquisque audiret illum lingua sua loquentem” (p. 100 ricasoli).
La descrizione tratta dalla vita del Ricasoli commenta perfettamente la rappresentazione dipinta. In particolare trova riscontro nella figura dell’imperatore di Costantinopoli, dipinto con un abito “turco” e i cui tratti fisionomici provano a renderlo “orientale” al pari del turbante sul capo. Se avessimo davanti l’originaria pittura potremmo cogliere lo sfolgorio della veste di seta e quelli che sembrano inserti di fili dorati sul turbante che ha incastonata sul davanti una pietra preziosa. Nulla o quasi ci è rimasto. Abbastanza però per immaginare il fascino di una composizione che pur nell’ambito di una severa organizzazione spaziale non tralascia di caratterizzare le singole figure le cui ricercate finiture, erano giocate su ombreggiature setose, come accade in altri dipinti che lo stesso maestro lascia nello stesso corridoio che oggi ospita le lunette del portico e che mostriamo per un - speriamo - convincente confronto.



Figure ad Alta definizione: i protagonisti della rappresentazione
Belle e mature le singole figure, ricche e vivaci, ognuna fissata in un atteggiamento significante e convergenti verso la dirompente figura del Santo che occupa prepotentemente la scena riempendola anche con la sua immaginata sonorità. È rappresentato mentre entra in scena, con il piede ancora in movimento. Già la voce cattura l’attenzione di tutti mentre il dito, michelangiolescamente levato in alto, va quasi a tangere l’invisibile lo Spirito di cui sta parlando. Cattura l’attenzione dei cardinali posti sul fondo, dietro i due potenti Signori. I loro volti si interrogano, come è consuetudine da sempre in questa tipologia rappresentativa, sottolineano con le loro espressioni, l’adesione o il dissenso. In primo piano invece il “servizio d’ordine” è assicurato da alabardieri che  trattengono il pubblico al di qua del “palco” e al contempo indicando il Santo, riportano l’attenzione di tutti verso il centro compositivo.  Solenni e separate le figure dell’imperatore e del Pontefice. Separati anche dai diversi colori dei drappi dietro i troni. Certo è ormai misterioso il gioco cromatico esercitato dal rosso papale e dal blu imperiale; dall’attenzione del pontefice e quella che sembra l’annoiata presenza dell’imperatore. Ma sono sensazioni più intuite che lette concretamente dal momento che lo stato conservativo non consente di andare oltre. Ciò nonostante la visione “ravvicinata” attraverso le immagini, apre una nuova prospettiva queste formelle e in particolare sulla figura di Giovanni Maria Viani che andrebbe ulteriormente approfondita con una visione ravvicinata delle altre “storie” ancora sotto il portico esterno della Basilica dei Servi
Figure ad Alta definizione: i co-protagonisti
Da apprezzare la bella “sceneggiatura” dell’episodio che certamente ha avuto l’approvazione e forse anche un controllo ravvicinato da parte del Cignani, che nulla toglie però alla capacità compositiva del Viani a cominciare dalla tecnica esecutiva che manca dei contorni incisi sul muro “fresco”, segno che probabilmente è stato utilizzato lo “spolvero”.
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