il susseguirsi degli interventi di manutenzione e restauro. Elementi aggiunti - san_francesco

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il susseguirsi degli interventi di manutenzione e restauro. Elementi aggiunti

Basilica san Domenico
Il basamento
Lungo le cornici del basamento ligneo sulle quali poggia il reliquiario d'argento dorato corre una lamina metallica con la seguente iscrizione: D(omini) MATTHAEI URSINI CARD(inalis) ORD(inis) PR(aedicatorum) SENAT(usque) BON(ononiensis) CURA UT S(anctis)S(i)MI D(omini) BENED(icti) P(a)P(ae) XI VOLUNT(tas) EXEQ(ueretur) EXTRUC(ta) THEC(a) A(nno) MCCCLXXXIII SAC(rum) CAPUT S(anctis)S(i)MI P(atris) N(ostri) DOMINICI REP(ositum) E(st). Il basamento ligneo è chiaramente una sovrapposizione, pertanto la lamina su cui è riportata l'iscrizione, sagomata sopra il basamento, è stata aggiunta in questa occasione. La data trascritta coincide con i documenti d'archivio resi noti da Padre Alce e pertanto prova che chi ha apposto questa iscrizione aveva esatta cognizione dell'anno in cui era stata eseguita l'opera. E' stato sufficientemente dimostrato che il Cardinale Orsini e Papa Benedetto XI, entrambi domenicani, non hanno avuto alcun ruolo nella commissione della custodia. Le due figure storiche sono vissute nella prima metà del secolo e nel lungo testamento del Cardinale Orsini, redatto nel 1340, non c'è alcun cenno al reliquiario di San Domenico. Si tratta pertanto di un "falso" storico, probabilmente elaborato per ricondurre la committenza dell'opera ai vertici dell'ordine domenicano e della città di Bologna. Gli stemmi del Cardinale, del Papa e della città posti sulla cornice superiore della teca, sono anch'essi delle sovrapposizioni, probabilmente pensati nello stesso momento e, secondo padre Venturino Alce, appartengono al primo restauro documentato che risale all'anno 15772
Venturino Alce rintraccia una carta nell'archivio conventuale che risale al XVIII secolo, redatta in occasione di un altro restauro, eseguito nel 1709, nella quale si fa risalire la committenza dell'opera al cardinale Orsini e al papa Benedetto XI sostenendo che la teca fu fatta costruire nell'anno 1340 e che il capo del Santo vi fu riposto nel 1383. La nota non è avvallata da documenti originali e le ragioni stilistiche e la conoscenza che abbiamo dell'opera portano ad escludere questa possibilità. Il documento del XVIII secolo trova però perfetto riscontro nell'iscrizione posta sulla base del piede. Possiamo chiederci allora se questa iscrizione non risalga a questo momento invece che, come è già stato supposto da Venturino Alce, al restauro del 1577.

Il busto del Santo
un intervento di restauro nel 1577
Il primo documentato intervento di restauro del reliquiario è stato eseguito nel 1577 da un frate domenicano, Padre Ignazio Danti. Il restauro durò più di un anno e la reliquia fu riposta nella sua teca il 7 marzo del 1578. A giudizio di Padre Alce in questa occasione furono aggiunti gli stemmi posti sulla teca, venne sostituita l'originaria forma terminale con il busto di San Domenico e costruita la base lignea per facilitare il trasporto durante le processioni. Lo studioso osserva che il busto del Santo risulta sproporzionato rispetto all'insieme, mentre l'attuale modo di fissare la scultura alla teca è diverso dall'originale. Sul basamento infatti restano liberi quattro fori che certamente erano usati per ancorare il terminale alla teca. Avanza infine l'ipotesi che in origine il reliquiario fosse completato da una guglia sormontata da una diversa statua del Santo. I fori sul basamento sul quale poggia la statua, oggi non più utilizzati, e le dimensioni della scultura inducono a valutare positivamente queste osservazioni.
Da ricordare però che possiamo solo dedurre, dalla durata del restauro, che si è trattato di un intervento significativo, ma che non possediamo una cronaca di questo intervento.
Ciò che non è mai stato osservato, anche perché relativamente recente è il suo ritrovamento, è il rapporto tra questa scultura e quella eseguita da Nicolò dell’Arca intorno al 1474 che doveva essere posta sull’ingresso alla cappella che custodiva il reliquiario di Jacopo Roseto. Un modello irrinunciabile per l’orafo che rinnovò il reliquiario e le similitudini mi sembrano palesi.

un confronto
Altri rifacimenti documentati
Nel 1952 furono sottratti 5 busti della fioriera, un angelo annunziante e un'Annunziata dai contrafforti, un angelo musicante e l'aureola del busto. In questa occasione il reliquiario venne smontato per un restauro generale e furono ricostruiti i pezzi mancanti. Il restauro fu portato a termine nel 1957. Di particolare interesse l'intervento dell'orafo che ha rifatto le figure poste in alto entro le corolle dei fiori, uno degli angeli musicanti della base e ancora l'annunciazione su due dei contrafforti laterali della teca. Ognuno dei pezzi è datato 1957 e firmato con la sigla M.L. Sotto il liuto posto tra le mani di uno degli angeli del basamento è riportato per intero il nome dell'orafo: Mario Lami. I volti delle figure poste entro le corolle dei fiori rifatte da quest'orafo, sono state realizzate a stampo e hanno come modelli i volti delle figure dei profeti poste sul bottone centrale.
opera dell'orafo Mario Lami - 1957
Il modello di angelo, pressoché identico agli originali, presenta qualche variazione nelle scanalature della veste e nelle finiture a cesello. Questi elementi vengono confermati dalle dimensioni della statua, leggermente più piccola dell'originale, proprio come avviene nella fusione dove la copia risulta di dimensioni minori per effetto della contrazione del metallo.  Il modello originale, dal piede alla decorazione della dalmatica, sul collo, misura mm 870, la copia, mm 850. A differenza degli altri angeli il basamento è fuso in ottone, mentre i basamenti originali sono costituiti da sei facce, fuse separatamente in argento e poi saldate, sempre in argento. La qualità dell'argento di questo angelo risulta diversa dagli altri, quasi certamente ci troviamo davanti ad una lega diversa. Anche il piedistallo risulta più piccolo di circa 2 mm rispetto al modello originale. Il modello ha un diametro di mm 42, la copia di mm 39.
Altri interventi dell'orafo Mario Lami
figure sulla corolla
Ogni busto è posto al centro di un fiore il cui serto, variamente sagomato, è saldato alla parte terminale della copertura della teca. Da ogni serto si dipanano 5 rami che terminano con dei fiori costituiti da un pistillo in argento circondato da sei perline di corallo. Il ramo principale termina con un fiore aperto entro il quale è posto il busto di un profeta. Di questi, 5 sono stati rifatti nel 1957 e il rifacimento è chiaramente indicato sul rovescio di ogni figura ove è incisa la data e la sigla dell'orafo. Una sesta figura, montata su un fiore con tracce di smalto originale, sembra posteriore e comunque non dovuta allo stesso orafo che ha eseguito il reliquiario. La fusione è incerta, i profili poco chiari. Gli ultimi due busti presentano i tratti di Roseto. Una delle due figure, barbata, riprende il modello dei profeti sul bottone centrale, ed è stata probabilmente realizzata dallo stesso modello. Risultano identiche le dimensioni del cranio. Le due figure sicuramente di Roseto, hanno entrambe la mano sinistra forata, probabilmente per sostenere qualcosa. Le figure aggiunte presentano la solita riduzione millimetrica delle dimensioni per effetto della fusione. Le foglie, in origine tutte smaltate, sono state successivamente verniciate. Oggi presentano tracce di smalto solo alcune foglie, in particolare quelle che sorreggono il profeta barbato e l'altro che pensiamo dovuto ad altra mano.
 
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