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I volti, a cominciare dal Cristo, trovano il riferimento più prossimo nel Cristo che Giunta esegue ad Assisi, oggi in Santa Maria degli Angeli. E non solo il volto, sul quale tornerò tra breve, ma la figura stessa trova nell'opera d'Assisi un puntuale riscontro. Il Cristo mantiene una postura composta, con il corpo solo leggermente arcuato. Ha il ventre tripartito e rispetto alla croce di Assisi ha un perizoma molto più ricco nel panneggio, caratterizzato dall'ampio risvolto centrale. Sono comunque i volti del Cristo e della Madonna, gli unici rimasti, visto che il viso di Giovanni è andato perduto, a consentire i più puntuali confronti con la croce di Assisi. L'arcata sopraccigliare tracciata con una saettante linea quasi ad angolo retto rispetto alla cannula nasale, caratterizza tanto la croce di Assisi che l'altra in San Domenico a Bologna e contraddistingue le croci di Giunta rispetto alle più numerose opere del Maestro dei crocifissi francescani. In questo gruppo di opere la guancia tende a contrarsi nel dolore, i capelli scendono a coprire parzialmente la tempia fino a tangere il sopraciglio.
Diversa la soluzione giuntesca che presenta una guancia larga evidenziata anche dai capelli che lasciano scoperta la tempia scostandosi molto dall'occhio, e altrettanto originali le labbra, aperte, diverse rispetto al Maestro dei crocifissi francescani. In Giunta e nella nostra opera le labbra, inferiormente rimarcate da una linea che contorna e ombreggia il lato inferiore, si presentano ampie e seguono l'andamento della guancia. Se non mi inganna la lettura dell'opera, il cui restauro è ancora in corso, sembra che il labbro superiore si pieghi analogamente al labbro della croce in San Domenico. Comunque siamo davanti ad uno schema estremamente diverso dalle labbra chiuse a cuoricino, quasi contratte, del Maestro dei crocifissi francescani. Solo una linea veloce per disegnare questo volto senza tornare sul segno, come farà il Maestro dei crocifissi francescani quasi a sottolineare e accentuare un ricercato soffrire che in Giunta si risolve in un sereno abbandono, sottolineato altresì dalla compostezza del corpo poggiato sulla croce. Un legame profondo con la croce di Santa Maria degli Angeli, ma già innovativo come mostra la barba con le caratteristiche due punte rigirate sul mento, diversa da Assisi, caratteristica anche delle opere del Maestro dei Crocifissi francescani, ma che trova probabilmente l'archetipo nella perduta croce di Assisi che Giunta esegue per frate Elia nel 1236 e nell'altra, che conosciamo, in san Domenico a Bologna. Un motivo ancora ripetuto, anche se già riassorbito dalla folta barba, diversamente sfumata, nel più evoluto e certamente più tardo crocifisso di San Ranierino a Pisa.
Accostando la croce in San Domenico a Bologna, con la crocifissione in San Colombano osserviamo, in quest'ultima, il capo maggiormente reclinato entro la spalla ed è forse questa l'unica sostanziale differenza rispetto alle tre croci note di Giunta assieme alle dita delle mani, più larghe e tozze confrontate con le tavole note del maestro e con le altre, analoghe, del maestro dei crocifissi francescani. Ma si tratta pur sempre di una variante in continuità e lo mostra il distendersi della spalla opposta a quella sulla quale reclina il capo. Essa si distende orizzontalmente sulla croce, analogamente alle altre croci del maestro pisano, senza provare ad evidenziare i pettorali, alzando la spalla e incassando il collo, come farà il maestro dei crocifissi francescani, che accentua così il momento del collassamento del corpo.
Ma è anche diverso l'impianto compositivo. L'icona del crocifisso - possiamo così definire la solenne astrazione cui rimandano i crocifissi di questa breve e intesa stagione iconografica racchiusa tra Giunta e Cimabue (1) - è cosa diversa dai ritmi narrativi di una crocifissione che vede affiancato il mistero della Croce alla drammatica presenza di Maria e Giovanni ai lati del Crocifisso. Croce e crocifissione esprimono due diversi concetti come ben sottolinea la croce di Enrico di Tedice nella chiesa di san Martino a Pisa che sul tabellone laterale del crocifisso, ancora istoriato, rappresenta appunto la narrazione dell'evento: la crocifissione (2). Nella crocifissione in san Colombano il Cristo presenta alcuni elementi che non trovano riscontro, al momento, né nelle croci riconosciute a Giunta, né nelle altre raggruppate attorno al Maestro dei crocifissi Francescani. Il capo ben reclinato entro la spalla mostra un punto di mediazione tra i volti di Giunta, maggiormente eretti e gli altri del Maestro dei crocifissi francescani ancor più incassati nella spalla. Le braccia, a differenza dei citati modelli, fuoriescono, in basso, dal legno della croce. Una novità che trova però puntuale riscontro nella miniatura della biblioteca capitolare di Perugia, messale di san Giovanni d'Acri, più volte chiamata in causa quale modello per opere coeve (3). Una miniatura comunque diversa dalla nostra crocifissione a cui l'accomuna la posizione del braccia del Cristo che fuoriescono, in basso, dal legno traverso della croce. Per il resto la nostra opera presenta un'assoluta originalità, anche in quei dettagli che possono maggiormente richiamarla. Ad esempio l'apparente analoga figura di Giovanni che manca però del guizzante busto rotante che qualifica e rende originalissima la nostra figura. Allo stesso modo la gestualità della Vergine della miniatura è sostituta nel nostro affresco da un solenne appiombo e una controllata torsione del tronco.
Al contempo lo sfondo della miniatura, il caratteristico muretto che delimita sul retro la sacra rappresentazione, è un accorgimento che sposta in avanti la datazione dell'opera e costituisce un riferimento non certo per la nostra opera, ma - ad esempio - per la flagellazione di Cimabue nella collezione Frick a New York. La nostra parete di fondo, tripartita orizzontalmente, è del tutto in linea con gli sviluppi della pittura centro italiana della prima metà del secolo e trova ancora riscontro nel primo ciclo decorato d'Assisi con le storie parallele di Francesco e di Cristo.
Il messale di Perugia va inteso non come un antefatto, ma come un "modello" di crocifissione esistente, diffuso, certamente più antico come del resto mostra l'opera di Bologna che, nello schema generale è in linea con la cultura figurativa espressa anche dalla miniatura perugina e del tutto nuova, geniale, nelle figure di Giovanni e di Maria. Il primo colto in uno straordinario movimento e Maria che sostituisce la gestualità della miniatura con una figura controllata nei movimenti, con la mano al petto e il pollice aperto ad angolo retto. Uno schema che affonda nel passato e che trova in Bologna un antico e nobile riscontro nella Madonna di San Luca.
Altrettanto sovrapponibile sembra il volto della Vergine in san Colombano con l'analoga immagine della croce in santa Maria degli Angeli. Anche in questo caso lo schema assisiate appare rivisitato, attento ai suggerimenti romani - con il caratteristico labbro - ma soprattutto al modello bolognese in san Domenico, solo apparentemente diverso. La mano portata alla guancia, stretta attorno ad un fazzoletto, che ad Assisi è vista frontalmente mostrando solo il dorso, in san Colombano presenta allo spettatore parte del palmo che sembra trattenere un fazzoletto poi mancante dello svolazzo per l'ampia lacuna che taglia le nocche e interessa per intero la porzione d'aureola. La posizione della mano trova riscontro nella Madonna in san Domenico il cui ampio ricco svolazzo del fazzoletto è ben più articolato dell'altro in santa Maria degli Angeli e ricorda da vicino i virtuosismi del nodo centrale del perizoma del Cristo in san Colombano. Allo stesso modo le pieghe del maphorion sul capo della Vergine con il caratteristico taglio orizzontale sulla fronte sono più vicine alla Madonna in San Domenico che all'altra di Assisi.
Manca nell'affresco di san Colombano, rispetto alle due tavole di Assisi e Bologna, quella abbondanza di preziosi decori, di pietre dure che cingono i polsi della Vergine o la raffinata legatura di Giovanni. I polsi dell'abito mariano in san Colombano sono arricchiti da tre fascette chiare, non meglio leggibili, ma sicuramente più sobrie rispetto alle finiture delle due tavole. Anche se le perline dei polsi della Madonna di Assisi mostrano più di un collegamento con le altre che in san Colombano impreziosiscono le aureole, le differenze restano sostanziali e credo siano da valutare tenendo anche conto della diversa tecnica esecutiva: pittura su tavola e affresco.
Per quanto non sia questa la seda per approfondire l'argomento, credo sia indiscutibile che il piccolo crocifisso del museo di san Matteo sia l'ultimo dei tre crocifissi firmati da Giunta. Stilisticamente - per quanto parlare di stile per un maestro con così poche opere certe da scalare nell'arco di almeno quarant'anni di attività, sia molto difficile - l'opera appare la più matura. Il volto maggiormente attondato, la barba fusa che ha riassorbito al suo interno il doppio riccio della barba sul mento e infine la ripartizione del ventre, per la prima volta bipartito in Giunta, annunciano tempi nuovi.
Lo stesso Bellosi, che pure considera il dipinto antecedente la croce in San Domenico a Bologna, non manca di notare l'originalità dei dolenti compositivamente simili alle figure del Maestro di Santa Maria Primerana (3). Proprio rilevando questa somiglianza Garrison (4) era arrivato ad ipotizzare una collaborazione del Maestro di Santa Maria Primerana con Giunta. Dell'anonimo artista fiorentino sarebbero le due figure dei dolenti. Ipotesi che Bellosi reputa improbabile anche per le modeste dimensioni della croce pisana, pur riconoscendo i legami tra questi e le figure del maestro fiorentino. Osserviamo intanto che se davvero c'è una somiglianza iconografica tra la Madonna del tabellone di san Ranierino di Giunta e il Maestro di Santa Maria Primerana, ne consegue che le due opere debbono essere piuttosto coeve e per conseguenza la datazione della croce di Giunta non può che spostarsi in avanti. Cioè a dire, visti i collegamenti tra i due pittori e assodato che l'attività del maestro di S. Maria Primerana si svolge dagli anni 60 in avanti, anche la croce di Giunta deve collocarsi in anni assai prossimi a questi divenendo l'ultima delle croci firmate dal maestro pisano.
Il ventre bipartito del Cristo di San Ranierino contraddistingue anche il Cristo deposto e la crocifissione nel ciclo dipinto nella navata della basilica inferiore di Assisi. Rispetto agli schemi finora osservati costituisce una novità del tutto in linea con la datazione proposta per questo ciclo che si tende a porre intorno agli anni 60 o subito dopo (5). E' ricoosciuto nel pittore del ciclo francescano, il così detto Maestro di san Francesco, un orientamento giuntesco (6) ed è stata anche avanzata l'ipotesi di una possibile partecipazione, sia pure di coordinamento e indirizzo da parte di Giunta Pisano (7) che, del resto, ad Assisi è di casa e forse il primo pittore della Basilica . L'affascinante problema andrà ridiscusso con una rilettura dei dati finora commentati e riproponendo il problema della datazione del ciclo che può benissimo essere collocato entro gli anni '50 del secolo, che non sono contraddetti né dalla bolla Decit et expedit del 10 luglio 1253, spesso invocata quale termine post quem, né dallo stile.