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Dalle fonti scritte, certo scritte non pensando a trattati per storici dell'arte, ma alla funzionalità della Chiesa e del monastero, ricaviamo alcune interessanti testimonianze che possiamo correttamente utilizzare per capire lo sviluppo di questa particolare immagine dipinta.
Citiamo Abelardo (1079 - 1142) che scrive qualche anno prima della realizzazione della croce di Sarzana. Premettiamo che la lettera indirizzata all'amata Eloisa, fa riferimento ad una particolare chiesa, quella monastica. Nell'essenzialità che deve contraddistinguere questo ambiente, a suo dire, dovrebbero essere escluse tutte le statue e le immagini sacre dalle pareti ad eccezione di una "croce di legno sull'altare, sulla quale, se si vuole, non è proibito far dipingere un'effigie del Salvatore" . Il filosofo innamorato testimonia, con questa affermazione, l'uso di un modello di croce lignea, priva di immagine e la possibilità di dipingere l'immagine del Cristo, di raffigurare cioè in un "dipinto su tavola", il Cristo crocifisso. A quale Cristo pensasse non ci è dato sapere, ma molto probabilmente il modello di riferimento è quello del Cristo giudice. Qualche anno dopo infatti, intorno al 1145, l'Abate Suger di Saint-Denis, dando delle disposizioni sulla realizzazione di una preziosa croce in metallo prezioso da porre sull'altare del celebrante, si raccomanda perché la croce sia, sul verso, quello rivolto ai fedeli, ricca di pietre preziose, ma nella parte anteriore, cioè davanti agli occhi del sacerdote celebrante, la croce "in ricordo della sua passione mettesse in rilievo l'adorabile immagine del Signore e Salvatore quasi ancora sofferente in croce."
In un altro contesto, quello sfarzoso ed elegante dell'Abbazia francese, elaborando una croce necessariamente preziosa e ricolma di gemme, si inserisce una notazione iconografica di grande valore: un Cristo che faccia pensare al solo celebrante, alla sofferenza della croce. La prudenza linguistica usata nel proporre questa variazione "quasi ancora sofferente" fa intuire che, ancora in quegli anni, la tipologia più comune della croce è quella di un Cristo regale e di un Cristo giudice alla quale qui si propone di dare un nuovo aspetto.
Le indicazioni date dall'abate di Saint Denis sembrano trovare riscontro in una piccola croce, certamente una croce astile da porre sull'altare, che si colloca nei primi decenni del XIII secolo, recentemente attribuita al Maestro di Santa Maria Primerana, oggi conservata nella Galleria di Palazzo Cini . E' interessante notare la diversa postura del Cristo sulla croce: da un lato il Cristo eretto e dall'altro il Cristo con il capo reclinato. Probabilmente ci troviamo davanti un ulteriore esempio della tipologia iconografica tracciata a Saint Denis con l'ovvia variante di un Cristo eretto sul verso - lato che a Saint Denis era rivestito di pietre preziose - raffigurazione destinata alla comunità, e un'immagine patiens sul recto, rivolta verso il celebrante.
Osserviamo come la nuova iconografia penetri lentamente e sia riservata in principio, stando alle testimonianze letterarie, ad una ristretta e preparata porzione della comunità cristiana: il celebrante e la comunità monastica.