Chiesa di san Francesco - Bologna. Maestro dei Crocefissi Francescani
croci francescane bolognesi
L’Itinerario giottesco in Pinacoteca, permette di apprezzare una delle opere più rappresentative del “Maestro dei Crocefissi francescani”: un momento particolarmente significativo nel percorso dell’anonimo maestro.
L’opera è esposta, in Pinacoteca, nella sede che è del polittico di Giotto, in mostra a Milano. Ha davanti a se la croce di Rinalduccio da Spoleto e può dialogare con l’altra croce dello stesso “maestro dei Crocefissi francescani”, da sempre in Pinacoteca, che probabilmente è stata eseguita qualche tempo dopo. Proveremo a spiegare il perché.
Quanto alla presunta cromia scurissima che è stata notata dalla critica, bisogna rilevare che essa è la conseguenza dell’attuale stato di conservazione. Immaginandola privata della spessa vernice coprente che fa da schermo anche ai raggi UV e ritrovata la squillante alternanza di azzurro brillante (al momento non conosciamo ancora la sua composizione chimica) al verde smeraldo sui rombi del tabellone, recupereremo di molto le analogie con le altre opere del gruppo. La vernice coprente non è il solo film che si frappone alle cromie originarie. Il dipinto è stato ritoccato quasi per intero in epoca molto antica. Questa pittura stesa sopra l’originaria, ha poi subito un’alterazione a causa di una fonte di calore che ha virato la cromia e ridotto in grumi questa stesura. Sulla mano destra del Cristo, ove si è provato a rimuovere gli strati superficiali, appare il blu intenso della croce e l’incarnato del maestro, in foto non del tutto apprezzabile perché la ripresa è stata eseguita in un momento della pulitura che accentua l’aridità della materia sottostante. Effetto che sarà mitigato durante il proseguimento dell’intervento.
... per guardare l'opera da vicino prima e dopo il recente restauro
Datazione dell'opera
Per la datazione dell’opera - e sottolineando ancora una volta che nessuna opera del gruppo è datata o databile indirettamente per via documentaria - va rilevato che il percorso più antico del maestro sembra essere quello del gruppo di opere che gli sono state riconosciute in Assisi.
Il nostro dipinto, soprattutto nel tabellone laterale, ha a riferimento, e già in evoluzione, la croce di Giunta Pisano per la chiesa domenicana di Bologna. È molto simile l’abbinamento dei colori scuro e chiaro dei rombi e anche il motivo decorativo all’interno dei rombi anche se, nella nostra opera appare semplificato.
I rombi di più grandi dimensioni nell’altro crocefisso in Pinacoteca e che il maestro ripete a Faenza, seguono un altro fortunato modello che trova riscontro ancora in Giunta Pisano nella croce oggi al Museo Nazionale di Pisa.
Proporre cronologie basandosi solo su questi elementi è certo difficile. Altri elementi fanno pensare alla nostra croce come ad un punto intermedio nel percorso di approfondimento stilistico e iconografico del nostro anonimo maestro. Non ultimo le quattro ciocche dei capelli del Cristo, due per parte rispetto al volto, presenti solo in quest’opera. Uno schema che ritroviamo nel Crocifisso bolognese di Giunta pisano e ancora una volta in rapida trasformazione. Infatti sulla nostra opera, le ciocche sulla spalla destra sono meno visibili delle altre sul lato opposto a motivo dell’accentuata “caduta” del capo che tende ad accasciarsi sul petto. Osservando inoltre la curva dell’arco descritto dal corpo di Cristo e l’inclinazione del volto sul petto, tutto verificabile anche disegnando delle linee virtuali sulle opere, riscontreremo il progressivo accentuarsi della curva e dell’inclinazione del corpo dalle opere di Assisi fino al dipinto di Faenza.
Una “evoluzione” che a mio avviso implicitamente documenta anche la scansione temporale delle opere che progressivamente accentuano - pur nell’ambito di uno schema apparentemente immobile – l’attenzione verso la passione e morte del Crocifisso. Un orientamento culturale che quasi certamente scandisce anche il tempo cronologico del maestro ponendo agli inizi del suo percorso le croci con il Cristo meno piegato sul legno della croce.
un importante rifacimento - La Vergine pleurant
La Vergine è raffigurata con una mano alla guancia e l’altra al petto che indica il Cristo in Croce. La mano portata alla guancia, quasi a sostenere il volto è il segno della Vergine Addolorata sotto la croce. Con la mano al petto essa indica il Cristo condividendo il suo dolore con tutta l’umanità, ma indicando altresì il valore salvifico del “sacrificio” del Figlio. È uno dei “modelli” usati dal nostro maestro per la figura della Vergine accanto alla croce. A Faenza la Vergine ha entrambe le mani coperte dalla tunica e accostate al volto. È un altro modello noto in oriente e utilizzato per questa raffigurazione. L’immagine ha molto sofferto per via delle traversie che hanno riguardato il dipinto. Il restauro in corso fa riemergere parte di questa storia e con essa qualche altro dato sull’opera.
Di particolare interesse il motivo decorativo della mitella: rossa con finiture in lamina d’oro costituite da un motivo a U ripetuto. Una decorazione che rappresenta una “spia” evolutiva e attributiva dell’opera. Il motivo lo ritroveremo, già evoluto e ben altrimenti maturo, sul perizoma e sui decori degli angeli, nell’altra croce del maestro, oggi in Pinacoteca. Ma la decorazione sulla nostra opera ha un precedente che acquista un particolare valore, sul perizoma del Cristo di Giunta Pisano nella chiesa di san Domenico a Bologna. Un precedente che consente anche di apprezzare il movimento continuo del bordo del perizoma di Giunta che conferisce dinamismo alla figura. In modo diverso il nostro pittore scandisce le pieghe in maniera geometrica e spezza il movimento del maphorion (il mantello) della Vergine con rigide pieghe. Osserviamo infine che il motivo decorativo presente in Giunta è ripreso pressoché identico sulla mitella della nostra Vergine e si “evolverà”, acquisendo autonomia interpretativa, nel crocifisso del Borgo. Anche questo è un indizio che depone a favore della più tarda cronologia dell’altra croce rispetto a questa.