"febbri" o pestilenze - PGR

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"febbri" o pestilenze

la malattia > malattie riconosciute
Guarigioni dichiarate
Uomo in preghiera.
Tempera su tavola. Cm. 21 x 29.
Restauro: Marisa Caprara 1994.
Iscrizioni:

Io Berardino de Perusia esendo nel ferarese ala stelata circha a 8 de zugno meamalai de febre terciana e notrovano ririmedio ... ricoma(n)dai ala gloriosa Vergine Maria del Monte ... (..)a det(a) infirmita de ... uno voto di ... (f)ato el voto fui li...

Osserviamo intanto il paesaggio visto a volo d’uccello, digradante quasi all’infinito. Il cappello rosso è identico alla tavola n. 4, la cui Madonna risulta però compositamente meno definita. La capigliatura del penitente e il suo abbigliamento, consentono di datare il dipinto nella seconda metà del XV secolo. La tavola presentava, sul verso, delle fenditure verticali che sono state ricomposte con l’innesto di cunei.
Il Lovarini (1934) nota che il giovane poggia il cappello per terra contrariamente al modello usuale in cui è tenuto tra le mani. Sostiene che l’offerente fosse a Ferrara in guerra, ma l’iscrizione non ci pare autorizzi questa interpretazione. Novelli (1959) identifica il luogo “a la stelata” con un villaggio presso il Po e trascrive così l’iscrizione: “ Io Bernardino de Perusia esendo nel frarese ala stelata circha a 8 de zugno me amalai de febre terciana e no trovando remedio ... me aricomandai a la gloriosa Vergine Maria dal Monte ... de deta infirmitade ... uno voto di ... fato el voto fui liberato”. Osserviamo che l’offerente fa il voto perché non trova altro rimedio e che il voto non consiste tanto nel dipinto votivo, ma dopo aver fatto “un voto di...” e non sappiamo cosa promise, fu liberato e testimonia l’avvenuta guarigione con questo dipinto. Rettenbeck vi ritrova influssi del Verrocchio e data il dipinto intorno al 1480.
Particolare interesse riveste l’opera per la qualità dell’immagine valutata da tutti e genericamente attribuita a “scuola romagnola della seconda metà del secolo XV”. Interessante la nota di Cerasoli che identifica la febbre “terciana” con la malaria.


Uomo e donna in preghiera.
Tempera su tavola. Cm. 22 x 22.
Iscrizioni: Catalina Dona De Nadale Calzolare I(N) Cexen(a) Ese(n)de Amalade De Febre Fisime Vo(t)e A Sa(n)ta M(ari)a Da Mo(n)te (Fui Liberate).

I due sposi sono raffigurati in ginocchio e con le mani giunte. La donna indossa un abito con un’ampia scollatura quadrata e i capelli parzialmente coperti da un velo bianco circondato da un filo nero. L’uomo indossa una giubba lunga al ginocchio e pantaloni chiari molto aderenti. In alto a sinistra appare la Madonna delimitata da una cornice ovale di colore rosso. All’esterno della cornice si dipartono gruppi di raggi separati l’uno dall’altro da un raggio serpentinato. L’iconografia della Madonna è caratteristica del gruppo “D”, databile nel primo decennio del XVI secolo. La datazione, malgrado l’ingenua composizione, è testimoniata ancora una volta dal costume degli offerenti: la scollatura dell’abito femminile, ma soprattutto il modo di addobbare i capelli, caratterizzano le acconciature dei primi decenni del secolo. Con altra ricchezza, ma con analoga foggia, sono acconciate infatti le nobili dame del tempo, da Eleonora da Toledo, a ritratti di Leonardo o del Francia. Significativa semmai la semplicità della nostra acconciatura che ci tramanda un “modello” povero di una moda che, con altri finimenti, avevamo conosciuto attraverso le citate testimonianze figurative e che, evidentemente, ha anche una ricaduta e una traduzione popolare, oggi potremmo definirlo un pret a porter rispetto all’alta moda, che in qualche modo mette a disposizione dei meno abbienti, dei modelli comuni ed egualmente eleganti anche se meno preziosi.
Interessante l’iscrizione dalla quale sappiamo che essendo la donna ammalata, entrambi fecero voto (fisime = facemmo) a sottolineare il rapporto comunitario e il coinvolgimento di entrambi i coniugi come, credo, avvenga nella stragrande maggioranza dei dipinti. La quantità di voti presenti in questi anni documenta a sufficienza il rinnovato interesse intorno al santuario.


Uomo a letto ammalato.
Tempera su tavola. Cm. 27 x 18,5.
Restauro: Gabriella Borzì 1995.
Iscrizioni: Simoneto Da Carpe Hospite Alla Luna In ...S...Na Siando Amalate Defebre Grevemente Ricomandai Ala Nostra Donna Dal Monte E Fue ...

Un uomo è raffigurato seduto in un letto delimitato da due spalliere in legno massello e una pedana in basso con borchie in ferro. Indossa una camicia bianca pieghettata e tiene le mani giunte. È ricoperto da una coltre rossa. In alto a sinistra la Vergine circondata da un alone dorato, con il bambino in braccio che trattiene con la mano il bordo del mantello azzurro della Madonna. La tavoletta è priva di ambientazione. Sappiamo dall’iscrizione che l’offerente, Simonetto da Carpi, ebbe a soffrire di una grave febbre mentre era a Cesena. Il dipinto è giunto in pessimo stato di conservazione. È stato necessario procedere al risanamento del supporto ligneo e stuccare dei grandi buchi passanti in alto, probabilmente causati dai chiodi con i quali sappiamo che molte tavolette sono state assicurate ai postergali del coro ligneo per ovviare al pericolo di furto o distruzione.
Notiamo anche in quest’opera la caratteristica realizzazione del velo della Madonna con piccoli tocchi di colore bianco. Il dipinto presenta una cromia particolarmente consunta. Il mantello della Madonna ha perso il suo colore azzurro e anche i rossi risultano molto abrasi. Interessanti, per il letto, le particolari borchie in ferro, probabilmente i cardini di una ribaltina. Novelli (1959) integra l’iscrizione, credo in modo del tutto lecito, nel seguente modo: “Simonetto da Carpe hospite a la luna in Cesena siando (essendo) amalate de febre greve me te ricomandai a la nostra donna del monte e fue liberato”. Osserviamo che l’offerente definisce la Madonna “nostra donna”, un modo poi sostituito dal più comune “Madonna”. È sempre Novelli a informarci che l’osteria della luna era situata nell’attuale via Aldini. In questa locanda e nell’altra coll’insegna delle corna, posta presso la Cattedrale, nel 1464 un gruppo di cesenati aveva cospirato contro Malatesta Novello.


Donna in preghiera
Tempera su tavola. Cm. 23,5 x 16,5.
Restauro: Gabriella Borzì 1995.
Iscrizioni: Io M Pantasilea Donna Che Fo De S Marchionne Dangelino Da Cesena Siando Amalata Grevemente De Febre Mericomandai Ala Nostra Donna Dal Monte E Fui Liberata.

Una donna che veste l’abito delle terziarie francescane, è raffigurata in ginocchio sulla nuda terra. Ha il capo coperto con un velo trasparente bianco. In alto a sinistra la Vergine delimitata da un alone dorato. Ancora una proposta di questo anonimo pittore che torna a ripetere il “tipo” della donna in ginocchio, in questo caso particolarmente gradevole anche per la migliore conservazione dell’opera. Novelli (1959) osserva che l’offerente cinge l’abito con un cordone francescano, anche se i curati capelli e l’ampio scollo contrastano con il dichiarato cingolo di penitenza. L’osservazione non tiene però conto della cultura rinascimentale in cui la contrapposizione tra il segno di adesione alla religiosità francescana rappresentato dal “cingolo”, e l’elegante abito dell’offerente, anch’esso il “segno” di un ceto sociale abbiente, viene vissuta con molta naturalezza.

Uomo in preghiera.
Tempera su tavola.
Cm. 20 x 30.
Iscrizioni:
Nicola De Simon Da Faenca Ha Ricevuto Grandissima Gracia De La Nostra Donaera Infirmo Del Mal Dela Costa [polmonite] Fato Voto Fo Liberato.
L’uomo è raffigurato in ginocchio e a mani giunte. Ha la testa coperta con un berretto nero. In alto a sinistra, in angolo, appare la Vergine con il Bambino in braccio, delimitata da una mandorla dorata. L’iconografia mariana sembra rifarsi al modello che troviamo nel san Sebastiano e offerente. Il dipinto ci è giunto molto abraso così che gli effetti cromatici sono del tutto alterati. Si tratta comunque di un prodotto minore che perpetua un modello figurativo che non ha ancora aggiornato l’iconografia mariana sui modelli in auge, in questa raccolta, fin dagli inizi del XVI secolo. Anche la posa dell’offerente “copia” stancamente un modulo figurativo e un abbigliamento che abbiamo ritrovato più volte e con una qualità certamente più rilevante. Interessante l’indicazione della malattia - che Cerasoli, riportando un parere di Ferlini, identifica come polmonite o addirittura peste - e la provenienza faentina dell’offerente, a testimonianza della diffusione del culto in area diversa da quella cesenate.

Guarigioni rappresentate
Malato in preghiera.
Olio su tavola. Cm. 22,4 x 14,5.
Restauro: Marisa Caprara 1994.

Al centro di una stanza dall'alta parete brunastra, un uomo, vestito con una lunga camicia aperta sul fianco, è inginocchiato sul nudo pavimento. Presenta la pelle interamente macchiata o coperta da piaghe. La misteriosa malattia è stata identificata da Novelli - Massaccesi come peste, mentre recentemente Cerasoli avanza l’ipotesi che si tratti di febbre petecchiale o lebbra. Evidentemente si tratta di un ringraziamento per l'avvenuta guarigione e la pelle intende testimoniare la particolare malattia. L'iconografia mariana avvicina il dipinto al gruppo “F”, riconfermando la presenza, al santuario, di poche specializzate maestranze addette alla realizzazione dei dipinti votivi. La tavoletta, in un precedente restauro, è stata “rinforzata” sul verso con un asse di legno incollato al supporto originario.

Giovane orante con san Sebastiano.
Tempera su tavola. Cm. 41 x 23,5.
Restauro: Marisa Caprara 1994.

La composizione è inscritta entro un arco a pieno centro in pietra a vista perfettamente squadrata. Al centro, legato ad un tronco, è raffigurato san Sebastiano con il corpo crivellato da numerose frecce, visto di tre quarti, leggermente girato verso sinistra e con lo sguardo rivolto in alto. Sul bordo superiore appare, entro una raggiera dorata, una piccola immagine della Madonna con il Bambino. Ai suoi piedi, in ginocchio, una fanciulla con i capelli raccolti da un nastro e coperti da una cuffietta rossa, rivolge la sua preghiera al Santo. Questa figura è vista di spalle, perfettamente scorciata in profondità e i volumi sono accentuati dal sapiente gioco dei colori. Il santo campeggia sopra un paesaggio caratterizzato da colline decrescenti che si aprono, sul fondo, in una vegetazione più fitta e articolata. Il dipinto è tra i più significativi e anche problematici dell’intero complesso votivo.
Il Lovarini propone un confronto con l’opera dello Scaletti nella Pinacoteca Comunale di Faenza. Novelli (1959) collega la “giovanotta inginocchiata” dalla “faccia grassoccia” ad alcune figure di Francesco del Cossa nel “trionfo di Venere” a Schifanoia. Il riferimento sarà riproposto da Salmi nell’introduzione al catalogo di Novelli del 1961. Il dipinto è mutilo della parte sinistra e pertanto il Santo risulta decentrato mentre in origine la composizione era iscritta in un arco a pieno centro. La presenza di san Sebastiano quale principale referente dell’offerente potrebbe orientare verso un dipinto votivo per scampata malattia epidemica per la quale si ricorreva spesso all’intercessione di questo Santo che a sua volta funge da tratto di unione tra la penitente e la Madonna raffigurata in alto a sinistra. Osserviamo inoltre le sproporzioni simboliche tra l’immagine della penitente e il santo.


Madonna in trono con san Sebastiano e penitente in preghiera.
Tempera su tavola. Cm. 28 x 38.

Il penitente è raffigurato in ginocchio ai piedi della Vergine, sul lato destro della composizione. La Madonna, al centro del dipinto, è seduta sopra un trono di marmo con alto postergale concavo. Il Bambino in piedi e nudo, porta al collo e al braccio una collana e un bracciale di corallo. A sinistra, in piedi, S. Sebastiano legato al palo e crivellato di frecce. Novelli (1959) attribuisce la tavola a scuola ferrarese romagnola della seconda metà del XV secolo come denotano i cirri filiformi del cielo simili a quelli che decorano la tavola dello Scaletti a Faenza. Nota inoltre che in alcune parti, lì dove il colore è caduto, si intravedono altri colori di una precedente pittura. K. Rettenbeck, che riproduce il dipinto, prova a datarlo intorno al 1480. L’opera è stata esposta alla mostra di Venezia nel 1942.
La tavoletta si presentava ricoperta da una vernice data a spruzzo che aveva macchiato in più punti la superficie pittorica, mentre sul lato sinistro era stata aggiunta un’assicella di ca. cm. 1 in corrispondenza del bordo. Sui margini esterni restano le tracce di un’antica preparazione lasciata senza colore, probabilmente perché ricoperta da una cornice sovrapposta. L’esame con gli “UV” ha rivelato un sottostante disegno con le pieghe della veste molto ravvicinate.


Madonna tra san Rocco e san Sebastiano e offerente.
Tempera su tavola. Cm. 25 x 18.
Restauro: Marisa Caprara 1994.
Iscrizioni: ...da la gloriosa nostra do... ...70.

Su uno sfondo uniforme ove non si distingue nemmeno la separazione tra la linea di terra e il cielo, è raffigurata in basso, a destra, una penitente con abito religioso. Indossa un velo bianco e una lunga tunica. La donna, in ginocchio ed a mani giunte, prega rivolta verso le apparizioni della Madonna con il Bambino, san Sebastiano e san Rocco. I Santi e la Madonna sono raffigurati entro tre raggiere separate i cui raggi rossi si stagliano su un fondo dorato. La raggiera della Madonna circonda per intero il mezzo busto della Vergine. Le altre invece fungono da piedistallo ai due Santi. L’opera è del tutto abrasa nel fondo e in basso ove si intravede una scritta che il restauro ha consentito di recuperare parzialmente anche se resta difficile la lettura. Dopo il restauro, nella parte superstite dell’iscrizione, crediamo di poter leggere la data 1470. La sua lettura non è del tutto chiara anche perché c’è una abrasione piuttosto rilevante proprio sul quattro. Altri elementi comunque, quali il perizoma di san Sebastiano e il Bambino Gesù in piedi e privo di vesti, ci riportano al XV secolo. Interessante l’immagine della Madonna avvolta nel suo ampio mantello, purtroppo anche questo del tutto privo del suo originario colore azzurro. Il pessimo stato di conservazione falsa di molto la lettura dell’opera. Il colore infatti - lo si intuisce da alcuni frammenti nel mantello di san Rocco, ma anche dall’abito dell’offerente - torniva le figure e creava profondità, avvicinando di molto il dipinto alle altre tavolette del XV secolo custodite in questa collezione.

Donna in preghiera.
Tempera su tavola.
Cm. 36 x 28.
Restauro:
Gabriella Borzì 1995.

Sullo sfondo di un muro in mattoni rossi, una penitente è raffigurata in ginocchio con in mano il rosario. Davanti a lei un Santo domenicano e lateralmente san Rocco e san Sebastiano. Al centro del dipinto, in un ovale, appare la Vergine, raffigurata a mezzo busto, delimitata da una nuvola cornice, con il Bambino in braccio, nudo e con una collana e bracciali di corallo ai polsi. Il dipinto è uno dei recuperi più interessanti del riordino della raccolta di tavolette votive. La scena era del tutto nascosta da un'altra immagine che vedeva san Rocco e san Sebastiano con la Vergine al centro, ma aveva del tutto eliminato le altre figure e l'ambientazione. Sotto quella pittura, in verità di modesta qualità, appariva, poco per volta una scena dai colori sempre più vivi e dalla iconografia che chiaramente rimandava al primo cinquecento e ad ambito ferrarese.
Appurato che la sottostante pittura non solo era di buona qualità, ma conservata nelle parti più significative, si decideva di rimuovere la scena ridipinta e di procedere poi alla reintegrazione delle parti mancanti con un paziente lavoro di selezione cromatica che ha consentito di ricomporre e leggere l'intera raffigurazione.


Uomo in preghiera.
Tempera su tavola.
Cm. 37 x 26.

Iscrizioni:
Io Alisandro esendo insuspeto de peste merechomandae ala Madona fui liberato p... sua gracia. Sopra il cartiglio la lettera “B” tagliata.

Un uomo è raffigurato in ginocchio al centro di un paesaggio brullo. Tiene in mano il rosario. In alto a destra la Vergine con al suo fianco san Rocco e san Sebastiano. Il caratteristico rosario consente di accostare questo dipinto al gruppo “E” che contraddistingue dei dipinti che ripetono soprattutto lo schema dell'uomo a letto, con la Madonna posta sopra una corolla di foglie. Questa volta lo schema compositivo è variato, ma è perfettamente riconoscibile come opera dello stesso gruppo. Ad analoghe conclusioni arrivano del resto anche Novelli - Massaccesi.
Lovarini (1934) nota la sigla “B” tagliata da una L posta sopra il cartiglio e prova ad avanzare il nome del pittore veneto Nicolò Boldrini, operoso a Venezia nella seconda metà del secolo XVI. Lo stesso riconosce però che il dipinto è troppo modesto per appartenergli. È invece possibile che la sigla intenda di fatto identificare l'autore dell'opera che resta comunque anonimo.
Novelli (1959) nota la sigla, ma non avanza alcun collegamento, lega invece il dipinto ad un gruppo di opere analoghe presenti nella collezione tra le quali cita i nn. 111 e 112. Il dipinto è stato esposto alla mostra di Venezia del 1942.

Epidemie
Lugo  
san Francesco di Paola
P.G.R. 1869
Lugo
san Francesco di Paola
P.G.R. 1871
Sul retro della tavoletta la seguente iscrizione: "C[l]abanelli Santi e la moglie coi suoi femmine ... e con bambino  .. di anni 7. Le bimbe di anni 10: 12: 14 altre tre ... ammalate dui bimbe di anni 4 e una 3 e il maschio di anni 15"


 
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