Malato in preghiera. Olio su tavola. Cm. 22,4 x 14,5. Restauro: Marisa Caprara 1994.
| Al centro di una stanza dall'alta parete brunastra, un uomo, vestito con una lunga camicia aperta sul fianco, è inginocchiato sul nudo pavimento. Presenta la pelle interamente macchiata o coperta da piaghe. La misteriosa malattia è stata identificata da Novelli - Massaccesi come peste, mentre recentemente Cerasoli avanza l’ipotesi che si tratti di febbre petecchiale o lebbra. Evidentemente si tratta di un ringraziamento per l'avvenuta guarigione e la pelle intende testimoniare la particolare malattia. L'iconografia mariana avvicina il dipinto al gruppo “F”, riconfermando la presenza, al santuario, di poche specializzate maestranze addette alla realizzazione dei dipinti votivi. La tavoletta, in un precedente restauro, è stata “rinforzata” sul verso con un asse di legno incollato al supporto originario.
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Giovane orante con san Sebastiano. Tempera su tavola. Cm. 41 x 23,5. Restauro: Marisa Caprara 1994.
| La composizione è inscritta entro un arco a pieno centro in pietra a vista perfettamente squadrata. Al centro, legato ad un tronco, è raffigurato san Sebastiano con il corpo crivellato da numerose frecce, visto di tre quarti, leggermente girato verso sinistra e con lo sguardo rivolto in alto. Sul bordo superiore appare, entro una raggiera dorata, una piccola immagine della Madonna con il Bambino. Ai suoi piedi, in ginocchio, una fanciulla con i capelli raccolti da un nastro e coperti da una cuffietta rossa, rivolge la sua preghiera al Santo. Questa figura è vista di spalle, perfettamente scorciata in profondità e i volumi sono accentuati dal sapiente gioco dei colori. Il santo campeggia sopra un paesaggio caratterizzato da colline decrescenti che si aprono, sul fondo, in una vegetazione più fitta e articolata. Il dipinto è tra i più significativi e anche problematici dell’intero complesso votivo. Il Lovarini propone un confronto con l’opera dello Scaletti nella Pinacoteca Comunale di Faenza. Novelli (1959) collega la “giovanotta inginocchiata” dalla “faccia grassoccia” ad alcune figure di Francesco del Cossa nel “trionfo di Venere” a Schifanoia. Il riferimento sarà riproposto da Salmi nell’introduzione al catalogo di Novelli del 1961. Il dipinto è mutilo della parte sinistra e pertanto il Santo risulta decentrato mentre in origine la composizione era iscritta in un arco a pieno centro. La presenza di san Sebastiano quale principale referente dell’offerente potrebbe orientare verso un dipinto votivo per scampata malattia epidemica per la quale si ricorreva spesso all’intercessione di questo Santo che a sua volta funge da tratto di unione tra la penitente e la Madonna raffigurata in alto a sinistra. Osserviamo inoltre le sproporzioni simboliche tra l’immagine della penitente e il santo.
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Madonna in trono con san Sebastiano e penitente in preghiera. Tempera su tavola. Cm. 28 x 38.
| Il penitente è raffigurato in ginocchio ai piedi della Vergine, sul lato destro della composizione. La Madonna, al centro del dipinto, è seduta sopra un trono di marmo con alto postergale concavo. Il Bambino in piedi e nudo, porta al collo e al braccio una collana e un bracciale di corallo. A sinistra, in piedi, S. Sebastiano legato al palo e crivellato di frecce. Novelli (1959) attribuisce la tavola a scuola ferrarese romagnola della seconda metà del XV secolo come denotano i cirri filiformi del cielo simili a quelli che decorano la tavola dello Scaletti a Faenza. Nota inoltre che in alcune parti, lì dove il colore è caduto, si intravedono altri colori di una precedente pittura. K. Rettenbeck, che riproduce il dipinto, prova a datarlo intorno al 1480. L’opera è stata esposta alla mostra di Venezia nel 1942. La tavoletta si presentava ricoperta da una vernice data a spruzzo che aveva macchiato in più punti la superficie pittorica, mentre sul lato sinistro era stata aggiunta un’assicella di ca. cm. 1 in corrispondenza del bordo. Sui margini esterni restano le tracce di un’antica preparazione lasciata senza colore, probabilmente perché ricoperta da una cornice sovrapposta. L’esame con gli “UV” ha rivelato un sottostante disegno con le pieghe della veste molto ravvicinate.
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Madonna tra san Rocco e san Sebastiano e offerente. Tempera su tavola. Cm. 25 x 18. Restauro: Marisa Caprara 1994. Iscrizioni: ...da la gloriosa nostra do... ...70.
| Su uno sfondo uniforme ove non si distingue nemmeno la separazione tra la linea di terra e il cielo, è raffigurata in basso, a destra, una penitente con abito religioso. Indossa un velo bianco e una lunga tunica. La donna, in ginocchio ed a mani giunte, prega rivolta verso le apparizioni della Madonna con il Bambino, san Sebastiano e san Rocco. I Santi e la Madonna sono raffigurati entro tre raggiere separate i cui raggi rossi si stagliano su un fondo dorato. La raggiera della Madonna circonda per intero il mezzo busto della Vergine. Le altre invece fungono da piedistallo ai due Santi. L’opera è del tutto abrasa nel fondo e in basso ove si intravede una scritta che il restauro ha consentito di recuperare parzialmente anche se resta difficile la lettura. Dopo il restauro, nella parte superstite dell’iscrizione, crediamo di poter leggere la data 1470. La sua lettura non è del tutto chiara anche perché c’è una abrasione piuttosto rilevante proprio sul quattro. Altri elementi comunque, quali il perizoma di san Sebastiano e il Bambino Gesù in piedi e privo di vesti, ci riportano al XV secolo. Interessante l’immagine della Madonna avvolta nel suo ampio mantello, purtroppo anche questo del tutto privo del suo originario colore azzurro. Il pessimo stato di conservazione falsa di molto la lettura dell’opera. Il colore infatti - lo si intuisce da alcuni frammenti nel mantello di san Rocco, ma anche dall’abito dell’offerente - torniva le figure e creava profondità, avvicinando di molto il dipinto alle altre tavolette del XV secolo custodite in questa collezione.
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Donna in preghiera. Tempera su tavola. Cm. 36 x 28. Restauro: Gabriella Borzì 1995.
| Sullo sfondo di un muro in mattoni rossi, una penitente è raffigurata in ginocchio con in mano il rosario. Davanti a lei un Santo domenicano e lateralmente san Rocco e san Sebastiano. Al centro del dipinto, in un ovale, appare la Vergine, raffigurata a mezzo busto, delimitata da una nuvola cornice, con il Bambino in braccio, nudo e con una collana e bracciali di corallo ai polsi. Il dipinto è uno dei recuperi più interessanti del riordino della raccolta di tavolette votive. La scena era del tutto nascosta da un'altra immagine che vedeva san Rocco e san Sebastiano con la Vergine al centro, ma aveva del tutto eliminato le altre figure e l'ambientazione. Sotto quella pittura, in verità di modesta qualità, appariva, poco per volta una scena dai colori sempre più vivi e dalla iconografia che chiaramente rimandava al primo cinquecento e ad ambito ferrarese. Appurato che la sottostante pittura non solo era di buona qualità, ma conservata nelle parti più significative, si decideva di rimuovere la scena ridipinta e di procedere poi alla reintegrazione delle parti mancanti con un paziente lavoro di selezione cromatica che ha consentito di ricomporre e leggere l'intera raffigurazione.
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Uomo in preghiera. Tempera su tavola. Cm. 37 x 26.
Iscrizioni: Io Alisandro esendo insuspeto de peste merechomandae ala Madona fui liberato p... sua gracia. Sopra il cartiglio la lettera “B” tagliata.
| Un uomo è raffigurato in ginocchio al centro di un paesaggio brullo. Tiene in mano il rosario. In alto a destra la Vergine con al suo fianco san Rocco e san Sebastiano. Il caratteristico rosario consente di accostare questo dipinto al gruppo “E” che contraddistingue dei dipinti che ripetono soprattutto lo schema dell'uomo a letto, con la Madonna posta sopra una corolla di foglie. Questa volta lo schema compositivo è variato, ma è perfettamente riconoscibile come opera dello stesso gruppo. Ad analoghe conclusioni arrivano del resto anche Novelli - Massaccesi. Lovarini (1934) nota la sigla “B” tagliata da una L posta sopra il cartiglio e prova ad avanzare il nome del pittore veneto Nicolò Boldrini, operoso a Venezia nella seconda metà del secolo XVI. Lo stesso riconosce però che il dipinto è troppo modesto per appartenergli. È invece possibile che la sigla intenda di fatto identificare l'autore dell'opera che resta comunque anonimo. Novelli (1959) nota la sigla, ma non avanza alcun collegamento, lega invece il dipinto ad un gruppo di opere analoghe presenti nella collezione tra le quali cita i nn. 111 e 112. Il dipinto è stato esposto alla mostra di Venezia del 1942. |
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