Un nobile cavaliere di Capua uccide, in una rissa, il principe della città. Il vescovo di Capua gli impone una dura penitenza. Per sette anni dovrà andare scalzo e penitente senza mai entrare in Chiesa e tenendo in bocca una pietra che non potrà mai sputare. Il penitente giunge a Costantinopoli il giorno in cui Petronio – recatosi in oriente per conferire con l’imperatore – celebra una solenne messa di ringraziamento alla presenza di Teodosio II. Finita la celebrazione sapendo, per divina conoscenza, dell’arrivo del pellegrino, Petronio manda un suo ministro per condurlo alla sua presenza. Al secondo invito entra in Chiesa e Petronio gli dice “Fili, surge cito, … et quod in ore tenes, frater, nunc et mihi prebe …”. L’episodio è descritto con altrettanta puntualità nella vita volgare.
Sullo smalto la scena si svolge in un ambiente indefinito ed è colto il momento in cui Petronio tiene, nel palmo della mano, la pietra sputata dal pellegrino. Molto bello lo scanno su cui siede il Santo. Alle sue spalle, centralmente, L’imperatore – identico fisionomicamente alla prima scena assieme a due personaggi, forse i consiglieri mandati da Petronio per invitare il pellegrino ad entrare in Chiesa.
Sulla scena dipinta sulla parete della cappella Bolognini, l’episodio è raffigurato sulla parete di sinistra, in basso, subito sopra l’acquisto del corpo di san Floriano. In questo caso viene privilegiata l’ambientazione della scena, all’interno della Chiesa, ma il dialogo tra il penitente e Petronio diventa esclusivo. Manca la figura dell’imperatore e i due consiglieri che, secondo le vite medievali, erano stati inviati mandati da Petronio per invitare il pellegrino ad entrare in chiesa.