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Polittico Datazione: 1330, circa
tempera su tavola
cm 146,5x217
Secolo: XIV
Provenienza: Santo Antonio Abate in Montalto, già in Santa Maria degli Angeli
Inventario: 284
Già pala d'altare della soppressa Santa Maria degli Angeli, il polittico fu trasferito nel Settecento nel Collegio Montalto, in una cappella privata (Bologna 1782).
È l'unica opera di Giotto sopravissuta a Bologna, riferita alla tarda maturità dell'artista (1333-1334), al periodo conclusivo della sua attività "napoletana" per Roberto d'Angiò.
Il riferimento a quel periodo è interessante: è infatti il momento in cui, nella Bologna internazionale dell'Università, degli scambi commerciali, degli ordini religiosi itineranti, si imponeva, con il legato Bertrand du Puget, la presenza francese e il sogno di trasformare la città nella nuova sede pontificia - la nuova Avignone.
E' il momento in cui da tante diverse influenze riviste alla luce del "gotico" locale cresce la nuova scuola pittorica. E in quegli anni Giotto è ricordato presente, con grandi maestri come Giovanni di Balduccio, nella Rocca-Palazzo di Galliera, costruita quale sede papale e distrutta dopo la cacciata del legato.
La stessa operatività di Giotto per la corte angioina devette facilitare la sua chiamata a Bologna, dove la presenza angioina era particolarmente forte.
Il Polittico, di dimensioni ridotte, per lungo tempo non ha destato particolare attenzione perché lo si riteneva commissionato a Giotto ma eseguito dalla bottega e in effetti, secondo alcuni studiosi, i pannelli laterali potrebbero essere stati dipinti da un modesto seguace del Maestro. Nonostante la firma, c’è chi lo ha classificato tra gli “apocrifi” di Giotto. Studi più recenti hanno invece confermato l’attribuzione a Giotto di quest’opera, eseguita con molta probabilità durante il suo soggiorno bolognese, in seguito all’incarico conferitogli dal legato pontificio Bertrando del Poggetto, in vista della realizzazione della decorazione della Rocca di Galliera. Il Polittico, di cui non è certa l’originaria destinazione, continua a suscitare meraviglia per la sobria dolcezza che rende inequivocabile la mano del Maestro, riconoscibile soprattutto nella tavola centrale, in cui è effigiata la Vergine assisa in trono con in braccio Gesù. Il Bambino è descritto con amorevole tenerezza mentre con la mano sinistra afferra il bordo decorato della veste della Madre, e con la destra accarezza il velo che le cinge il volto. Si tratta di un gesto in cui la discreta affettuosità commuove l’osservatore, rendendo immediata la percezione dell’humanitas e della dignitas giottesche. La Vergine sostiene delicatamente il bambino con la mano sinistra e con l’altra cinge la sua gamba sinistra, quasi a volerlo contenere, mentre il piccolo poggia lievemente il piedino destro sul polso della madre. La Madonna in trono, resa mesta e solenne dal taglio allungato degli occhi e dallo sguardo dolce e intenso, mitiga la severa struttura piramidale della composizione e l’immagine evidenzia l’intimità tra madre e figlio. Sulla sommità della cuspide il Padre Eterno regge l’Universo, nelle forme di una sfera stellata. Sempre in asse con la Vergine, in corrispondenza della scena centrale in predella, troviamo l’immagine del Cristo in pietà. Vi è un’evidente corrispondenza tra Dio Creatore, Vergine, Gesù bambino e Cristo, intensificata dall’intenzionale disposizione assiale dei soggetti. Rispettivamente a destra e sinistra di Maria troviamo l’Arcangelo Gabriele, ritratto di profilo secondo la tradizione dell’Annuncio, e l’Arcangelo Michele, impegnato a contrastare il demonio, qui rappresentato in sembianze zoomorfe. Le ultime due tavole delle cinque contemplate ritraggono, a destra dell’Arcangelo Gabriele, San Pietro, e a sinistra dell’Arcangelo Michele, San Paolo. In corrispondenza di Gabriele scorgiamo, sempre in predella, la Vergine Maria serrata nel proprio dolore dinanzi alla visione del figlio morto, mentre in corrispondenza di Michele vediamo Giovanni Evangelista atterrito. In asse con Pietro, troviamo il volto di Giovanni Battista, infine, in asse con Paolo, incontriamo Maria Maddalena. Le effigi che possiamo apprezzare in predella, per qualità pittorica e raffinata restituzione delle espressioni dei volti, che permettono di leggere i diversi stati d’animo, sono inserite in clipei di forma circolare, inscritti in rettangoli decorati con girali e motivi floreali. Il Polittico è scandito da un ritmo costante nella distribuzione equilibrata di cromie omogenee, modulate in pregevoli variazioni chiaroscurali, che alterna rossi, blu, verdi tenui, gialli ocra e delicati toni del rosa. Sugli sfondi aurei la solidità dei corpi rivela la loro materiale fisicità. Attraverso questo armonico, dotto contrasto, Giotto sembra guidare l’osservatore alla percezione sensibile e alla comprensione intellettuale dei principi di estensione e profondità della visione, facendo intendere come la sua prospettiva spazio-temporale sia stata essenzialmente una ricerca di legame tra reale e ideale.
Autore della scheda: Loretta Secchi
Curatrice del Museo tattile di pittura antica e moderna “Anteros”
dell’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza – Bologna