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La realizzazione della Madonna del Ricamo si situa in un momento storico di grande vigore politico e culturale per Bologna, città cosmopolita, universitaria e mercantile, con forti legami 'internazionali', particolarmente stretti con la Francia: sotto il governo del legato francese Bertrand du Puget, tra 1328 e 1334, per breve tempo si era pensato addirittura che vi potesse essere trasferita da Avignone la sede pontificia, facendone la 'nuova Avignone' .
Il rapporto con il mondo e la cultura d'oltralpe, che raggiunse il suo culmine proprio in quel periodo, e che nel giovane Vitale ha uno dei più alti rappresentanti nel campo della pittura, non ha dunque solo radici stilistiche. Allora Bologna aveva alle spalle una consolidata tradizione in questo senso, determinata anche dai suoi legami con il papato, con il partito guelfo e con gli Angioini che ne erano stati i principali sostenitori .
In dialogo da un lato con Venezia , dall'altro con gli esiti della cultura toscana e senese, tradotti e verificati alla luce del gotico d'oltralpe, restavano ancora vive in città, nei primi decenni del '300, anche le esperienze che vi si erano sedimentate nel secolo precedente, quando forti, e non in contraddizione, erano state le suggestioni di matrice bizantina. , e gli stessi angioini avevano costituito elemento di mediazione.
Andrà ricordato che proprio a loro, e al partito guelfo, era particolarmente legato l'Ordine francescano, che a Bologna aveva una delle sedi più importanti, e che in quei decenni andava diffondendosi anche sulla sponda adriatica orientale, in Dalmazia e più a sud lungo il litorale dell'attuale Montenegro. In quei territori, allora appartenenti allo Stato serbo, aveva svolto un ruolo di prestigio, al passaggio tra '200 e '300, Elena d'Angiò, influente ex regina di Serbia imparentata proprio con la potente dinastia francese e grande protettrice dell'Ordine .
E' evidente che in mancanza di documenti probatori non vanno cercate in questi eventi precise connessioni di causa effetto rispetto a determinate scelte artistiche: essi possono però aiutarci ad individuare possibili direzioni in un universo culturale più ricco di scambi e incontri di quanto possa sembrare a prima vista. Apparirà forse allora meno strano che, tradotta in linguaggio occidentale e in un nuovo contesto, anche la rara iconografia della Madonna operosa, nata nel mondo bizantino, ricompaia, dopo i possibili, perduti prototipi senesi, proprio nella chiesa francescana di Bologna e nel mondo espressivo di Vitale: interpretazione libera, dunque, di un soggetto trasmesso e 'filtrato' attraverso modelli 'importati' da Oriente, probabilmente proprio attraverso i vicini Balcani .
Negli ultimi anni quaranta del '300 o ai primi del decennio successivo l'artista era tornato a proporre anche l'iconografia dell'Annunziata 'operosa' di matrice bizantina, 'contaminandola' con la nuova lettura occidentale della Madonna operosa.
Presso la porta laterale della Cattedrale di Udine, dove l'artista bolognese eseguì intorno al 1359 uno dei suoi più importanti cicli sopravvissuti, è stato infatti identificato un altro suo dipinto murale molto danneggiato ma ancora leggibile (fig. 56) . In questa composizione una giovane figura femminile siede su un seggio nell'atteggiamento di chi si schermisce, ritraendosi leggermente per la meraviglia: non c'è dubbio che vi si debba riconoscere il frammento sopravvissuto di un'Annunciazione. Ma qualcosa la differenzia dall'interpretazione più diffusa del tema. Vicino a lei infatti, pur mal conservati, si riconoscono oggetti la cui forma già conosciamo: si tratta ancora una volta di rocchetti di filo, che però qui non si accostano, come nei casi precedentemente citati, alla Madonna col Bambino -
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