La "Madonna del Ricamo" di Vitale: Storia di un "Filo" di Rosa D'Amico e Camillo Tarozzi - vitale

Vai ai contenuti

Menu principale:

La "Madonna del Ricamo" di Vitale: Storia di un "Filo" di Rosa D'Amico e Camillo Tarozzi

Madonna del Ricamo > Storia di un "Filo"
 
 
 
 

Vicenda storica dell'affresco e suo inserimento nel percorso della pittura di Vitale da Bologna


La scoperta
         
La storia di cui stiamo parlando ha inizio nel 1978,  quando, in un oratorio semi abbandonato e pericolante della collina bolognese fu segnalata la presenza di un antico affresco molto ridipinto e difficilmente leggibile, raffigurante la Madonna col Bambino (1)
. L'oratorio, dedicato al Nome di Maria, si trovava nella frazione di Pradalbino, attualmente in comune di Monte San Pietro, presso la villa Borra, che in antico era stata residenza collinare della nobile famiglia bolognese dei Beccadelli. La situazione del piccolo edificio era drammatica: il tetto a due spioventi era crollato per intero sul pavimento, quindi travi spezzate e macerie accumulate rendevano difficile l'accesso. Le mura stesse non davano l'idea di poter resistere a lungo.
La Madonna col Bambino era visibile sotto ridipinture che ne avevano alterato le fattezze.
Fin dal primo sopralluogo l'affresco rivelò caratteri tali da renderne certa l'ascrizione al secolo XIV, mentre il piccolo edificio e la ricca cornice in stucco entro cui era collocato appartenevano evidentemente ad epoca molto più tarda: una scritta riscoperta sopra l'ingresso sotto una vecchia tinteggiatura ricordava la fondazione dell'edificio, avvenuto nel 1520 su commissione di Pomponio Beccadelli, e il radicale restauro promosso da Annibale Beccadelli nel 1760, data cui risaliva la dedica al nome di Maria. L'opera pertanto non si trovava in quel luogo fin dall'origine, ma  vi era stata trasferita in un momento successivo con la tecnica del distacco 'a massello', ampiamente diffusa a partire dal '500 e fino ai primi dell'800 per la salvaguardia di affreschi cui veniva attribuito particolare valore - soprattutto dal punto di vista devozionale- e che rischiavano di perdersi nelle frequenti ristrutturazioni degli antichi edifici. Questa tipologia d'intervento richiedeva una complessa e difficile operazione di ingegneria, che consisteva nel segare e tagliare per intero la parte di muro su cui era stata stesa la pittura, trasferendola altrove con il pesante supporto, imbracato solidamente entro spesse travi di legno (2)
.
La situazione in cui versava l'oratorio non consentiva,  per evitare la perdita di un dipinto che stava per rivelarsi di gran pregio, se non procedere al più presto ad un nuovo trasporto dell'immagine, questa volta effettuato secondo il metodo più sensato e moderno  che consiste nella asportazione dello strato pittorico dalla parete con il solo sottile intonaco originario. L'intera struttura del massello antico fu dunque lasciata in loco.
Il lavoro era reso difficoltoso dai detriti, e dal rischio di ulteriori cadute di materiale dall'alto per via della scarsa stabilità delle mura perimetrali. Bisognava far presto. Il difficile e avventuroso compito, affrontato con passione malgrado le condizioni di notevole precarietà, fu portato a termine con l'aiuto di una collaudata esperienza operativa.
L'affresco, dopo il distacco, fu trasferito in laboratorio: lì fu collocato su nuovo supporto e sottoposto ad una pulitura particolarmente attenta ai caratteri della materia pittorica. Eliminata quasi del tutto la stesura a tempera che copriva uniformemente l'originale, furono riconosciute ancora sulla superficie le tracce di un più antico intervento, che  interessava il volto della Madonna, l'azzurro del cielo, le decorazioni sulla veste della Vergine, l'interno verde del suo manto, le dorature nelle aureole e nelle vesti. La rimozione di questi elementi  fu effettuata in modo selettivo, in base a quanto suggeriva il rapporto con i caratteri originali della stesura pittorica: si scelse in particolare un tipo di intervento che non uniformasse la superficie conferendole quel tipico aspetto arido che in genere contraddistingue la lettura più diffusa della pittura murale antica, permettendo invece di mantenere quella morbidezza delle forme e degli scarti tonali e quella dolcezza espressiva che costituiscono ancor oggi il carattere predominante dell'opera.
Molte lacune, peraltro di limitate dimensioni, provocate attorno ai visi dalla antica applicazione devozionale di coroncine o ex voto, furono allora risolte con tinta neutra, secondo una indicazione  metodologica particolarmente seguita in quegli anni.
Il dipinto recuperato ad una strepitosa qualità formale fu concesso in deposito dalla proprietà alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, dove è restato fino alla recentissima acquisizione da parte della Fondazione Carisbo per il Museo della Città.


La storia
 
La tecnica
 
 
Torna ai contenuti | Torna al menu