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L'arredo sacro è sottoposto ad una continua trasformazione. Mutano le forme e soprattutto i simboli sbalzati sulle loro superfici. La loro centralità è tale che in alcuni casi precorrono i tempi e anticipano iconograficamente temi che ritroveremo poi dipinti o scolpiti sulle pareti delle nostre chiese.
È noto, ad esempio, che "le storie" di san Petronio realizzate a smalto su otto formelle del reliquiario del Santo, nel 1380, costituiscono la fonte iconografica per il ciclo affrescato nella cappella Bolognini nell'omonima chiesa, dipinto nel primo decennio del XV secolo (2).
E forse non è del tutto sbagliato chiedersi se è nata prima la croce preziosa che appare, si materializza, nel cielo stellato dei mosaici ravennati o se essa non sia una "copia" di un oggetto tridimensionale, come può essere stata una croce processionale che apriva il corteo vescovile.
Gli argenti custoditi nella chiesa di san Giacomo appartengono tutti alla "seconda fondazione" della Chiesa. Una ricostruzione che non è segnata sui diari conventuali, ma è confermata dall'architettura delle cappelle e dalle pale d'altare che le abbelliscono. Un ripensamento architettonico e artistico che si dipana dalla seconda metà del XVI secolo per giungere ai primi decenni del successivo. In questi anni è un susseguirsi di committenti e protettori impegnati ad abbellire i propri altari, ai quali magari erano destinati alcune di queste argenterie, come sarà possibile provare almeno in un caso.
Sono anni rilevanti per la Chiesa cattolica che si trova a mettere in pratica le norme scaturite dal Concilio di Trento mentre si diffonde una precettistica tridentina che guarda con interesse anche alle pale d'altare e agli arredi litrugici. Arcinoto, almeno a Bologna, è il discorso del Cardinale Gabriele Paleotti, ma ancora più significativo risulterà per gli arredi sacri il testo di san Carlo Borromeo.
E i nostri arredi sacri, sono argenti moderni che, come vedremo, risentono di quelle disposizioni.