sotto il cielo del baldacchino protetti da san Guglielmo
il baldacchino della peste
il ruolo di san Guglielmo sul "Baldacchino della Peste"
Le
singole attività, ognuna rappresentata dal santo patrono, lo stesso messaggio
catechetico affidato iconograficamente al lato anteriore del baldacchino,
l’inizio della storia della salvezza ricordato dall’Annunciata, trovano una
sintesi nel “cielo” del baldacchino. Tutti questi eventi infatti discendono e
si originano dalla copertura del baldacchino che, nella parte interna è
costituito da una straordinaria seta dall’indescrivibile tono cangiante in
azzurro sulla quale sono tessute numerosissime stelle dorate che si aprono al
centro nell’ultimo misterioso Santo: Guglielmo. Lo stesso cielo avvolge il
verso delle bandinelle a sottolineare l’unitarietà del messaggio iconografico
che, evidentemente, trova alimento in quel cielo il cui centro, è occupato da
san Guglielmo. Sotto questo cielo sarà posta la scultura della Vergine del
Rosario per la grande processione che da Piazza Maggiore riporterà il simulacro
nella cappella Guidotti in san Domenico.
San
Guglielmo è venerato in più luoghi a Bologna come testimonia ancora oggi la grande
tela del Guercino dalla cappella Locatelli nella chiesa di san Gregorio e Siro
e la documentata pala dell’Albani dalla distrutta Chiesa di Gesù e Maria di
monache agostiniane[1]. Non è
però ricordato in città tra i santi “patroni” di una delle Arti cui si deve il
baldacchino. Eppure occupa uno spazio significativo nel progetto iconografico
del baldacchino. Al centro del cielo, praticamente posto sopra la scultura della
Vergine del Rosario. Al momento posso solo avanzare delle ipotesi ricordando il
monastero di san Guglielmo che, quando si realizza il baldacchino, appartiene a
monache domenicane e che occupava una rilevante area a ridosso delle mura,
presso la porta Mascarella. Il monastero è ben indicato nella pianta del
Mitelli che consente una identificazione certa anche nell’affresco della “sala
Bologna” nei Palazzi Vaticani. A giudicare da quest’ultima raffigurazione si
trattava di un rilevante complesso monastico anche se la chiesa, al suo interno
non era di grandi dimensioni. Probabilmente si trattava di una “cappella”
interna al monastero. La festa ufficiale del Santo si svolgeva proprio in
questo monastero[2] che nel
1634 era ancora sottoposto a lavori di ampliamento che si concluderanno l’anno
successivo con la consacrazione della chiesa[3].
Ancora dal Guidicini abbiamo conferma che la chiesa non era di particolare
interesse ed era interna al convento che, viceversa era tra i più vasti della
città[4].
Lo stesso documenta la soppressione delle monache e la vendita dell’intero
complesso, oggi del tutto perduto. Nella chiesa Malvasia ricorda solo l’altare
maggiore e il “primo altare” con un dipinto di Mario Righetti. All’altare
maggiore la tavola di Giacomo Francia con “Dio
Padre e lo Spirito Santo in aria: sotto la B. V. col Puttino, e li SS.
Guglielmo Vescovo, Girolamo, Sebastiano e Gio. Battista; e le colonne così bene arabescate sono del Formigine”[5]
Anche
studi più recenti non rivelano niente di significativo circa l’attività delle monache
di san Guglielmo[6]. Masini
ricorda, tra le scuole di dottrina cristiana che partecipano alla processione
del SS. Sacramento, anche quella di s. Guglielmo. Una delle 19 scuole di
fanciulle[7].
Il
baldacchino potrebbe essere stato ricamato dalle monache di questo monastero.
Ma niente lo prova. Le stelle tessute sull’azzurro del cielo richiamano quelle
che caratterizzano lo stemma dei Guidotti rimandando pertanto – se è giusto il
riferimento – alla cappella dove ha sede la confraternita del Rosario alla
quale i massari delle Arti avevano consegnato il baldacchino. Nel 1634, per la
prima volta, nella cappella del Rosario, si dotano dieci fanciulle povere[8].
Una tradizione che continuerà grazie
alla cura della Confraternita del Rosario[9].
Potevano provenire queste “zitelle” dal convento domenicano di san Guglielmo?
Questo potrebbe spiegare l’ampio risalto dato sul baldacchino al Santo e alle
stelle nelle quali possono ritrovarsi tanto i Guidotti che i Confrati. Sono
comunque, al momento, solo ipotesi che andranno approfondite.
[1] Di
quest’ultima sopravvivono al momento due frammenti con la figura del santo e un
teschio. Opere tutte custodite presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna. Cfr.
Angelo Mazza, scheda n. 108a-b del Catalogo Generale della Pinacoteca
Nazionale, vol. III, 2008 per la tela dell’Albani e ibidem, Stéphane loire,
scheda n. 160 per l’opera del Guercino.
[2] Masini,
op, cit. ed. 1650, p. 200: 10 gennaio - S.
Guglielmo vescovo, festa alla sua chiesa a porta Mascarella, dove stanno
monache domenicane, e a S. Stefano vi sono sue reliquie; p. 478: 5 settembre.
Sacra della chiesa, delle monache, di s. Guglielmo, a porta Mascarella.
Monastero fondato dal 1306 già detto s, Nicolò del Campo del Mercato.
Dall’edizione riveduta del 1823 alle pp. 96-97 ricaviamo altre informazioni,
comunque non rilevanti per la nostra ricerca.
[3]
Guidicini, Miscellanea, op. cit. Ristretto della storia delle chiese di Bologna
e di altri stabili p. 365 n. 170: Nel 1606 fecero il
refettorio, e risarcirono la chiesa, che fu poi consacrata la domenica 5
settembre 1635.
[4]
Guidicini, op. cit. Cose Notabili, vol. III, pp. 205-206, al n. 1528 di via
Mascarella e ricordato il monastero e la chiesa delle Domenicane di s.
Guglielmo. Questo
monastero fu uno dei più vasti, e dei più belli di Bologna. Contava due ampli
dormitori l'uno lungo piedi 118 fabbricato nel 1590, l'altro di piedi 113
costrutto poco dopo. Il gran refettorio fu fatto nel 1606 e sugli ultimi tempi
vi si era aggiunta una magnifica scala. La Chiesa di niun rimarco non era
aderente alla strada, ma passato un cortile che la precedeva. Le monache che
dai 1515 in avanti professarono le regole di S. Domenico furon sopresse il 31
gennaio 1799. Il convento fu proposto per caserma, poi venduto a Francesco
Ungarelli della Molinella l'11 luglio 1801. Rogito Luigi Aldini. Appartenne poi
a Paolo Costa nato in Ravenna, ma oriondo bolognese uomo versatissimo in belle
lettere, e poeta riputatissimo.
[5] cfr.
Malvasia, Pitture di Bologna, a cura di A. Emiliani, op. cit. p. 66 del testo
originale e p. 50 dell’edizione critica consultata.
[6] G. ZARRI, I monasteri femminili a Bologna tra il XIII e XVII secolo, in
"Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Province di
Romagna", XXIV (1973), pp. 186-187.
[7] Masini,
1666, op. cit. p. 66.
[8] Luigi da
Gatteo, op. cit. p. 110
[9] Alfonso
d’Amato, I Domenicani a Bologna vol. I – II. Bologna ed. studio domenicano
1988. Vol. II. P. 660