San Nicola protettore della "Compagnia de’ Merciari" - baldacchino della peste

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San Nicola protettore della "Compagnia de’ Merciari"

il baldacchino della peste > Laterale destro
San Nicola
La sequela ininterrotta dei patroni è chiusa da san Nicola ombrato da tinte acquarellate e inverato dai fili di seta. È la sesta bandinella, la più prossima a san Girolamo e la Maddalena, rappresentati sulla bandinella esterna, a destra, del frontale del baldacchino. Il santo indossa, come gli altri “patroni” vescovi, il piviale giallo, chiuso da un bottone ottenuto con fili di seta avvolti da una lamina argentata posti a coprire un’imbottitura a rilievo. Stringe il pastorale con la mano sinistra e nella destra tiene un libro chiuso, sul quale fanno bella mostra tre sfere d’oro realizzate con fili di seta rivestiti con lamine dorate. Sono i segni che caratterizzano il Santo. Anche in questa composizione il pittore eccelle nel rendere prospetticamente la posizione del braccio che regge il pastorale e le nervature che caratterizzano la mano con la quale tiene accostato al petto il libro chiuso sul cui piatto sono poggiate le tre palle. Di altrettanta qualità appaiono le ombreggiature sul volto, malgrado i danni subiti dalla lunga barba bianca, sfilacciata e oggi fissata con un velo d’organza. Il dinamico rapporto cromatico che caratterizzava l’immagine, è pertanto alterato sia dallo sfilacciamento del ricamo che dalla naturale decolorazione delle tinte oggi ulteriormente appiattita, dopo che è stato steso un velo protettivo sul volto. La lamina dorata che avvolge i fili di seta dell’aureola, ancora i fili a rilievo che circoscrivono la mitria tanto sui corni che nel circolo inferiore, delimitano e rivestono un volto in origine ben evidenziato dalle sfumature di colore e dai numerosi fili di seta che ne sottolineavano le ciglia, la cannula nasale e la folta barba. Di straordinario effetto il rilievo del pastorale con i suoi fili di seta rivestiti di lamine d’argento e oro a misurare tridimensionalmente lo spazio. Il contrasto tra il compatto fondo cremisi e la solitaria figura del santo che contrappone all’intenso colore del fondo, l’oro della mitria e il luminoso giallo del piviale, fanno di san Nicola una delle figure più interessanti del ciclo. L’inno di ringraziamento cominciato, per quel che riguarda le Corporazioni, le Arti e i Collegi con sant’Eligio, patrono degli orafi, raffigurato sulla terza bandinella del lato sinistro del baldacchino, procedendo sempre in senso orario, si chiude dunque con san Nicola, patrono dei Merciai.

I MERCIAI
 
 
La Compagnia dei merciai, una delle più importanti in città per numero di occupati e pertanto, c’è da crederlo, tra le più colpite dalla peste anche nei suoi interessi economici, fa la festa del proprio patrono, il 6 dicembre, recandosi nella chiesa di “S. Nicolò degli Alberi ad offerire”[1].  Avevano sede in “vicolo delle Accuse” e la loro residenza era superata in “grandezza ed eleganza” solo dall’Arte “dei notari e degli strazzaroli”. Il Guidici ricorda anche il loro oratorio dedicato a san Nicola e l’alto numero degli addetti ai lavori, stimato in alcune migliaia di persone[2].
 
L’articolata attività dei Merciari è meglio descritta negli annali del Muzzi. Le “bavelle” ad esempio, erano protette da contraffazione ed era vietato portare in città prodotti semilavorati o portare fuori città prodotti non finiti per completare la lavorazione presso “eretici”. Questo almeno quanto aveva stabilito un breve di Gregorio XIII del 20 settembre 1579. Muzzi lamenta che progressivamente, ignorando le disposizioni del breve papale, si comprano bavelle filate in Romagna o nel modenese e si mandano, ancora non finite, in “paesi di eretici, e così la città resta priva di dette robe non lavorate, le quali lavorandosi e riducendosi in bavelle filate, davan lavoro a non poche braccia[3]” c’è da chiedersi, se la peste, decimando le maestranze, non avesse obbligato l’Arte a ricorrere ad aiuti esterni alla città per poter continuare ad operare.
 

 
   
 
[1] . Masini, op. cit. 1666, p. 546: La  Compagnia de’ Merciari incontro le Notarie del Podestà fà la Festa di S. Nicolò de gli Alberi ad offerire. Li sudetti Merciari fanno per impresa un Frascone circolato, sopra due sbarre incrocichiate. L’Arte de’ Merciari impiegava non poche migliaia di persone, sì grandi, come piccole d’ogni sesso, in varij lavori stimatissimi di Bavella, ò Capecchiola, e frà questi vi sono le Calzette, delle quali se ne provedono moltissime Città, essendo questa una delle doti, e prerogative di Bologna, di far’esquisiti, e bellissimi lavori di Bavella, più di qualunque altro luogo, e per conservar questa dote, e per benefitio della Povertà, che in questa professione s’alimenta, prevedendo il bisogno la S. M. di Gregorio XIII con suo special Breve, sotto li 20 Settembre 1579 prohibì di mandar fuori di questa Città, e Territorio, Folicelli forati, sbusati, marzati, ò ricotti, e qual si voglia altra robba per far Bavella, & anco le Bavelle medesime, se prima non saranno fatte bianche, ò tinte, ò lavorate.
 
 
 
[2] Guidicini, op. cit. vol. I, p. 35
 
 
 
[3] Annali della città di Bologna. Dalla sua origine al 1796 Compilati da Savatore Muzzi. Vol. VII p. 446, per i tipi di S. Tommaso D’Aquino, Bologna 1844.
 
 
 
 
 
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