Sant'Omobono, patrono dell'arte "de' Sartori"
il baldacchino della peste > Laterale destro
sant'Omobono
Ai muratori seguono i Sarti rappresentati da sant’Omobono. Il santo artigiano è in bottega, accanto al tavolo da lavoro. Sul piano del tavolo, in evidenza, le forbici per tagliare.
Il 13 novembre, giorno della festa del Santo, la “Compagnia de’ Sarti” si recava nella chiesa dedicata al santo, in via santo Stefano, affidata alle monache dell’ordine di S. Maria dei Servi[1]. Guidicini ricorda nel primo vicolo dei Pini la “residenza dell’Arte dei Sartori” al cui interno si trovava una cappella dedicata a sant’Omobono[2]. Malgrado possedessero una cappella all’interno della loro sede, per la festa, stando al Masini, non mancavano di visitare la chiesa pubblica del Santo. Poteva essere un modo per proclamare davanti a tutti la rilevanza dell’Arte. La grande cesoia da sarto sul tavolo di lavoro, ricorda quella del loro emblema che purtroppo non è presente sul reliquiario del capo di san Petronio. il Santo, patrono di Cremona ove è sepolto, è noto soprattutto per la sua carità ed è l’unico santo laico del medioevo[3]. Nell’oratorio dell’Arte sarà stata presente una tela che raffigurava il Santo. Le immagini più comuni lo rappresentano nell’atto di fare elemosine e nutrire i poveri. A maggior ragione la rappresentazione sulla bandinella di una “visione” avuta dal Santo, tratta certamente dalle vite scritte sul santo, ma a me ignota, acquista un particolare valore per la sua originalità che rimarca, ancora una volta, la caratteristica di tutte le bandinelle. L’angelo è rappresentato in volo mentre porge al santo una tunica e il santo si scosta dal tavolo di lavoro per accogliere il messaggero divino. Quasi una “laica” Annunciazione che pone ancora una volta il problema della fonte iconografica originaria. La bandinella comunque, a Bologna, rappresenta un punto di riferimento iconografico, oggi unico e particolarmente rilevante anche perché esiste ancora un “comitato di sant’Omobono” costituito da sarti e commercianti d’abbigliamento bolognesi, che è ospitato nella seconda cappella della Chiesa di santa Maria e Domenico della Mascarella[4].
[1] Masini, op. cit. 1666, p. 519: S. Homobono Confessore, festa alla sua chiesa in strà Stefano, luogo di Monache dell’Ordine di S. Maria de’ Servi. … la Compagnia de’ Sarti nel mercato di mezo del protettor suo S. Homobono fa la festa, e offerisce e visita la suddetta chiesa di S. Homobono in Strà Stefano. Questa compagnia fa per impresa una cesoia da Sarto.
[2] Guidicini, op. cit. vol. III p. 216: N.76. Residenza dell'arte dei sartori, i quali l'avevano anticamente sulla piazza del Comune come da rogito di Giuliano Stoppa del 12 febbraio 1294. I primi loro statuti sono del 1262. Giacomo Oretto e Tommaso d'Agostino Oretti vendettero a detta Compagnia parte di questo stabile per L. 200 il 6 febbraio 1382, e cioè a capo di una scala, una grandiosa sala in cui vi era la cappella dedicata al loro protettore S. Omobono, e lateralmente all'altare due camerini. Il 3 gennaro 1798 fu soppressa l'arte, e tolti loro i beni che gli furono restituiti nel 1800.
[3] Adelaide Ricci, Dizionario Biografico degli italiani, vol. 79, 2013, ad vocem
[4] La moderna “corporazione” nasce nel 1939 con un “comitato” di sarti, sarte, commercianti di abbigliamento. Mancano punti di riferimento iconografico così che si commissiona un dipinto del santo al pittore modenese Bruno Semprebon. La tela è rimasta indenne dopo il bombardamento dell’ultima guerra che ha parzialmente distrutto l’edificio. Notizie dettagliate su questa istituzione in Giovanni Paltrinieri – Loris Rabiti, La chiesa parrocchiale di Santa Maria e San Domenico della Mascarella in Bologna, op. cit. cap. 14, pp. 155 – 159.
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