San Bartolomeo, patrono della Compagnia dei Bisilieri
il baldacchino della peste > Laterale sinistro
San Bartolomeo
San Bartolomeo, patrono dei Bisilieri, chiude questo lato del baldacchino affiancando i Salaroli. La raffigurazione del santo non presenta caratteristiche di rilievo. Stringe il coltello del martirio e con l’altra mano sostiene un libro poggiato alla coscia. Molto sciupato nelle finiture, presenta però un volto in cui il ricamo conserva una sua funzione portante rispetto al disegno. Gli originali fili di seta a fingere i baffi e il contorno degli occhi, torneranno utili più avanti, quando proveremo a definire la cultura dell’anonimo pittore che ha lavorato alle “basi” che saranno poi ricamate. Come dei cartoni, realizzati però sulla seta e che non servono da spolvero, ma da fondi autentici per il ricamatore. Ancora una volta osserviamo il forte senso di realismo che il pittore ottiene ombreggiando appena le dita piegate a stringere il coltello.
Il 24 agosto, dopo aver messo a dimore i raccolti estivi, a Bologna è il momento della grande festa che coinvolge ogni ceto sociale e che culmina con il lancio alla plebe di una porchetta arrostita.
Nello stesso giorno la compagnia dei Bisilieri a “Porta Ravegnana fa la festa del protettor suo S. Bartolomeo” e offre cera alla vicina chiesa di s. Bartolomeo de’ padri Teatini. “Fanno per impresa due balle di lana drizzate in piedi.”
“Questo giorno sogliono ammazzare e vendere carne porcina, e gli antiani già solevano regalare di porchetta arrostita i parenti e amici loro”
La sera, in piazza, c’è la festa “popolare della porchetta, e si getta al popolo grandissima quantità d’animali di varie sorti, e dopo una porchetta grande molto ben condita”. Una festa molto antica che, secondo Masini risale al 1281[1].
Dal Masini, sembra di capire che la compagnia completa la festa in chiesa con regalare porchetta arrostita a parenti e amici. Cosa diversa è la festa cittadina che si svolge nello stesso giorno, e ha il culmine la sera, in Piazza.
I BISILIERI
specializzati in una particolare lavorazione della lana per la quale avevano bisogno di molta acqua, avevano la loro sede in un vicolo “già detto androna di san Marco” che porta in via dei Giudei. La residenza era posta su tre piani e fra le due finestre aveva lo stemma dell’arte con l’iscrizione “Biselariorum, lanique panorum ars”[2].
Sembra che la Compagnia, al tempo della peste, non avesse una propria cappella e che celebrava la festa nella chiesa di san Bartolomeo dei Teatini. Nell’edizione del Masini “Ampliata e Ricorretta”[3], nell’elenco delle chiese non più esistenti, si menziona l’Oratorio di s. Bartolomeo, “appartenente all’antica arte detta Bisellieri, che risiedeva nella piazzetta di porta Ravegnana nella vicinanza dell’attuale Pescheria”. Probabilmente è la stessa chiesa di san Bartolomeo demolita nella seconda metà del XVI secolo per far posto alla nuova dogana, citata da Masini nell’edizione del 1660[4].
Sull’ubicazione della chiesa ci viene in aiuto Guidicini che ricorda la chiesa di san Bartolomeo di Palazzo, nell’angolo del vicolo di Ghirlanda[5]. Via ancora oggi esistente, senza tuttavia serbare tracce di queste antiche trasformazioni.
[1] Antonio di Paolo Masini, Bologna Perlustrata, Bologna ed. MDCLXVI p. 429. Dal Masini sono tratte le altre citazioni, virgolettate, sulla compagnia dei Bisilieri, che lavoravano un particolare tipo di lana.
[2] Giuseppe di Gio. Battista Guidicini, Cose notabili della città di Bologna pubblicata dal figlio Ferdinando, vol. II, 1869. ed. Anastatica Forni, Bologna 1980 p. 56.
[3] La Bologna Perlustrata di Antonio Paolo Masini, Ampliata e ricorretta, Parte prima tomo II, Bologna MDCCCXXIII per i tipi Gamberini e Parmeggiani, p. 30, nell’elenco delle chiese non più esistenti, si menziona l’Oratorio di s. Bartolomeo, “appartenente all’antica arte detta Bisellieri, che risiedeva nella piazzetta di porta Ravegnana nella vicinanza dell’attuale Pescheria”
[4] Antonio di Paolo Masini, Bologna Perlustrata, Bologna ed. MDCLXVI p.526.
[5] Giuseppe di Gio. Battista Guidicini, op. cit. vol. IV p. 248: La chiesa di S. Bartolomeo di Palazzo era nell’angolo del vicolo di Ghirlanda, e sembra in quello a levante. L’apertura di Ghirlanda corrisponde al tredicesimo arco del portico cominciando dal Cantone dei Fiori e siccome vicino alla medesima vi era la torre detta dei Nappi, a tempo dell’allargamento di questa contrada, non è improbabile, che la torre avesse appartenuto alle antiche case dei Caccianemici. Questa chiesa fu traslocata nell’ angolo della Piazza Nuova colla Via Oleari rimpetto al Torrone ed edificata sul suolo dei Ticinali alias Canobbi dove fu poi la Dogana. L’ antica Dogana per le merci che trovavasi in strada Castiglione di dietro al Palazzo Sampieri riconosciuta per ristretta ed incomoda, determinò i Sindaci della Gabella grossa a scegliere questa situazione come più centrale per costruire dalle fondamenta una nuova Dogana. - Fino dal primo febbraio al 12 maggio 1561 era stata soppressa, ed unita a S. Martino delle Bollette la chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo di Palazzo come da rogito Silvestro Focchini e Cesare Beliossi. - 1572, 14 maggio. Promissione concorde del Rettore di S. Bartolomeo di Palazzo e di S. Martino di concedere in conto perpetuo ai Sindaci della Gabella Grossa il suolo della chiesa di S. Bartolomeo e cioè, pertiche 6 piedi 38 di terreno gli edifizi, chiesa, case, stanze, buse, portico ecc, posti in Piazza Nova. Confinava l’edifizio e orto condotti per detti Sindaci d'Alessandro Gandolfi i Coltellini la piazza Nuova rincontro al Torrone, ed altri beni condotti da detti Sindaci da Dialta Dall’ Oro, e Florapace Marescotti, successori dei Brigoli, obbligandosi di pagare al detto Rettore annue lire 200, rogito Clearco Achillini.
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