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Nella Cupola della Madonna del Popolo, nella Cattedrale di Cesena, la Madonna con il Bambino in braccio, assisa sopra una nuvola e circondata da angeli, è protetta dalla figura avvolgente di Dio Padre. Sulla Vergine si posa la mano di Dio e ad essa volge il volo della colomba dello Spirito Santo. Una centralità quasi negata dal vortice infinito dal quale emerge il Padre e al quale tendono le tante figure.
Tutte le monografie dedicate a Giaquinto si soffermano sulla cupola della Cattedrale di Cesena. Allo stesso modo i moderni ricercatori cesenati, dal testo della Gori ai ripetuti interventi di Savini , hanno ricordato la formazione del pittore e la qualità di questa pittura.
E' rimasto per così dire in ombra il ciclo iconografico sul quale vorrei soffermarmi, anche perché costituisce una sintesi innovativa di un tema che aveva visto altri significativi precedenti, e al contempo penso di poter affermare che sarà il modello di riferimento per gli affreschi della cupola della Madonna del Monte. Per la descrizione dei personaggi Savini rimanda al componimento del Can. Francesco Aguselli al quale può aggiungersi l'ode del Canonico Fedele Turrini che fa parte di un'antologia di testi poetici proposta per lo "scoprimento" della Cappella e recentemente pubblicata nel volume di Mons. Bersani.
Approfondiremo l'iconografia mariana presentando la Cupola del Milani. Varrà comunque la pena soffermarsi sulla complessità del ciclo dipinto in Duomo al quale gli storici dell'arte non hanno mai prestato la dovuta considerazione. Le noterelle icono-
Non ha fatto eccezione la Cupola di Corrado Giaquinto, lodata per le sue qualità cromatiche e scarsamente indagata nei suoi contenuti. In epoca moderna l'unico tentativo che io conosca è dovuto a Giuseppe Sirotti . Non così nei componimenti celebrativi che seguirono alla scopertura della cupola. Citati da tanti, ma probabilmente sottovalutati, essi tentano una lettura iconografica puntuale del ciclo che diventa analitica nel componimento del "Canonico Francesco de' Conti Aguselli". Un componimento scritto per spiegare il ciclo dipinto e riproposto un secolo dopo, quando nel 1838 sarà ristampato a cura di un gruppo di fedeli in occasione di lavori di "restauro dell'intera cappella" . Il canonico intuisce le difficoltà di lettura dei suoi concittadini distratti dalle forme e dai colori che finiscono per diventare prevalenti sui contenuti, pertanto:
Or i pensier a me volgete intenti,
Alme ben nate, e del lor fral disciolte,
ch'io interprete, e ministro de' celesti
della superna storia, a parte a parte,
che qui rivive or or farovvi istrutte.
Nella puntuale descrizione l'autore mantiene un ordine cronologico de' Patriarchi, dè Regi, de' Profeti, e dell'Eroine e la sua guida è ancora oggi uno strumento indispensabile per ripercorrere questa lunga storia mariana annunciata fin dalla prima "alleanza" con Noè
Sembra quasi che la "storia" dipinta dal Giaquinto in Duomo abbia modo di perfezionarsi nell'Abazia Benedettina, come se i venti anni che separano i due cicli fossero serviti a capire meglio il tema fino a proporlo con diversa consapevolezza in questo nuovo spazio resosi disponibile per il pennello del Milani, dopo i lavori eseguiti dall'architetto Borboni che pure aveva approntato lo spazio architettonico in Duomo.
Il ruolo che l'architetto Borboni ha avuto nell'elaborazione dei due cicli decorativi non è mai stato considerato. Eppure le intelaiature finte nel muro all'Abbazia del Monte, fanno pensare ad un disegno architettonico d'insieme che può benissimo essere stato progettato dal Borboni. Ne fa fede anche il disegno per la cupola del Milani -
La descrizione dell'Aguselli è così puntuale che consente anche di avere consapevolezza di ciò che il tempo ha portato via alla bella pittura del Giaquinto. Probabilmente parti eseguite a secco e sparite in una delle tante manutenzioni così che non possiamo più distinguere né il "prezioso unguento" che colava da Aronne
Questa originale storia mariana, della quale cercheremo di rintracciare i modelli figurativi di riferimento, troverà compimento al Monte che alla Cattedrale guarda non solo per il ciclo dipinto, ma anche per i raffinati marmi, in Abazia finti con il pennello.