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Personaggi dell'Antico testamento
A seguire, dopo la rappresentazione di Mosè, ecco la scena che raffigura tre eroine dell’Antico Testamento: al centro Giuditta seduta sopra un trono di nubi con la testa di Oloferne tenuta per i capelli e la spada ancora grondante del suo sangue. Alla sua destra altre due figure femminili: Giaele e Ester. Così almeno credo di poter identificare
le due donne. L’una con in mano ancora il chiodo che infisse nel cranio di Sisara e l’altra con la corona in testa, possibile attributo della regina Ester. Più difficile da individuare la figura maschile dietro Giuditta, con le mani giunte in preghiera.
Le tre figure femminili sono tre protagoniste della storia d’Israele che in molti, in ambito cattolico, hanno assimilato alla Madonna. La più importante, quella che ha la maggior rilevanza compositiva, è Giuditta. Ad essa l’onore di uccidere Oloferne, il potente generale di Nabuconodosor, e salvare il suo popolo che, ormai disperato, aveva posto un termine all’Onnipotente: ancora cinque giorni e poi la resa a Oloferne.
Giuditta, mostrandosi sapiente, richiama gli anziani rilevando che non è in loro potere mettere alla prova il Signore. Mostrando un’assoluta fiducia nel Signore aspetta la salvezza che viene da lui che è anche padrone di non concederla. Trasforma poi il poco tempo “concesso” a Dio perché intervenga e salvi Israele dall’invasore, per mettere a punto un suo piano operativo per sconfiggere il potente esercito di Oloferne. Da sempre è stata vista come una prefigurazione della persona di Maria (1), bella d’aspetto e molto avvenente nella persona (2). La bellezza è intesa come la rifrazione esteriore di una bellezza più intima. Essa incarna anche la Sapienza, conosce e osserva
la legge mosaica, dà una giusta interpretazione dei castighi è a fine di correzione che il Signore castiga coloro che gli stanno vicino (3). una convinzione profonda risiede in Giuditta: essa sa che la salvezza del popolo dipende dalla fedeltà assoluta alla legge del Signore (4). Poi la preghiera prima dell’azione. Giuditta, sottolinea Serra nel suo studio, è strumento di Dio come Mosé. E come Miriam che, dopo il mar rosso, eleva un canto al Signore, anche Giuditta, quasi novella Miriam, dopo l’impresa prende in mano degli strumenti e le distribuì alle donne che erano con lei (5).
Giuditta, pur essendo una donna ricca, è una vedova, ai margini della società del tempo. La sua debolezza, ricca solo di Dio, la rende capace di sconfiggere il potere.
Il Milani sembra aver assimilato il versetto che descrive l’aspetto fisico di Giuditta, donna “molto avvenente nella persona” e costruisce una delle figure più belle del ciclo. Perfetta anche nell’acconciatura dei capelli e nelle gioie che indossa che sembrano ricalcare quanto il libro sottolinea descrivendo
la sua vestizione prima di andare incontro ad Oloferne. Giaele, alla sua destra, ricalca un episodio simile a quello di Giuditta, descritto nel libro dei Giudici (6) e coordinato dalla profetessa Debora a cui, questo ciclo, riserva un’altra scena. Sisara, agli ordini del re di Canaan, muove contro Israele con un potente esercito. Debora, ispirata dal Signore, chiama Barak e lo mette
a capo dell’esercito che marcerà contro Sisara. Barak tentenna e accetta di guidare l’esercito solo se Debora lo accompagnerà. Debora accetta, ma avvisa Barak che il Signore metterà “Sisara nelle mani di una donna”(7). Barak sconfigge l’esercito di Sisara e i suoi carri da guerra, ma Sisara fugge e trova rifugio sotto la tenta di Giaele, il cui sposo era un suo alleato. Giaele gli offre ospitalità, ma poi mentre lui dorme, prese un picchetto della tenda, prese in mano il martello, venne pian piano a lui e gli conficcò il picchetto nella tempia, fino a farlo penetrare in terra. (8)
Ester (9), la terza donna della composizione, lavorerà anch’essa per la salvezza del Popolo, ma lo farà impetrando la grazia dal suo Re facendo emergere le prove di un raggiro perpetrato da cattivi consiglieri a danno del Re e del popolo ebreo. Anch’essa prima dell’azione si affida alla
preghiera per trovare in essa il giusto equilibrio e poter così presentare al meglio la causa al re. Prima dell’azione la purificazione, quasi a sottolineare che l’azione è conseguenza di un cammino di fede. Tanto in Giuditta che in Ester, e ancora con Giaele, la vita di Israele dipende da una donna. Giuditta
e Gialele assolvono il compito attraverso un’azione cruenta, Ester attraverso la preghiera e, in quest’atto, è stata vista una possibile prefigurazione di Maria. Al di là di queste interpretazioni, resta fondamentale il ruolo riservato alla donna che, in vari modi dona la vita al suo popolo. Ora salvandolo dai
nemici esterni, tal altra aiutando la vita dei suoi figli migliori.
Resta ancora da identificare il personaggio dietro Giuditta. Si potrebbe pensare ad un condottiero anch’esso impegnato per la salvezza di Israele. La figura manca però di ogni appiglio iconografico che possa ricondurlo ad un guerriero. Il suo è un atteggiamento di preghiera ed è posto dietro a Giuditta. Potrebbe forse trattarsi del principe Ammonita Achior, alleato di Oloferne, che su richiesta Del condottiero, spiega che il popolo di Israele, se si è mantenuto fedele ai principi del suo Dio, è praticamente invincibile. Oloferne, sdegnato, lo caccia e lo mette nelle mani di Israele. Interrogato dagli israeliti espone le sue vicende e il suo racconto permetterà a Giuditta di elaborare la sua strategia per entrare nella tenda di Oloferne. Davanti alla vittoria di Giuditta che porta con se la testa di Oloferne, Achior si gettòai piedi di Giuditta pieno di riverenza per la sua persona (10). Un atteggiamento che può rispondere alla figura rappresentata dietro Giuditta. Il personaggio, apparentemente marginale nella storia di Giuditta, negli anni in cui Milani dipingeva la cupola godeva di un indiscusso prestigio grazie ad un oratorio di Pietro Metastasio (11) musicato nel 1771 anche da Mozart (12),incentrato sulla storia di Giuditta e Oloferne. Oloferne non compare, ma i dettagli della decollazione sono raccontati da Giuditta. Deuteragonista della storia è Achior che, dopo l’impresa di Giuditta, si converte e inneggiando al Signore canta l’aria “Te solo adoro mente infinita, fonte di vita”. La figura di Giuditta (13) occupa un posto ragguardevole nella schiera di figure bibliche della cupola della Cattedrale. Né è possibile negare la derivazione dal Giaquinto per la bella
immagine del Milani. Torneremo comunque su questo raffronto per
notarne similitudini e differenze. Manca in Duomo la consequenzialità
dottrinaria che primeggia nella scena del Milani e Giuditta chiude in se l’episodio. Distante da Giuditta, anch’essa di spalle, appare Giaele che, giocando su altri parallelismi, guarda a Debora.